Il pensiero laterale per gestire i mercati finanziari

Lo scenario è di difficile lettura agli stessi analisti politici, figuriamoci se possiamo trarne indicazioni di scelte finanziarie, ma uno scenario complesso non comporta necessariamente strategie complesse. La semplicità fa premio sulla complessità, non cede alla tentazione di prevedere ciò che c’è dietro l’angolo, guarda piuttosto alla prospettiva di lungo termine

I manager di un’azienda produttrice di prodotti di consumo si riunirono per discutere di come aumentare le vendite del loro sapone da doccia. Qualcuno propose di applicare sconti sul prezzo, qualcun altro suggerì di mantenere fermo il prezzo ma di ingrandire la confezione, convincendo il consumatore a scegliere la convenienza di più prodotto a parità di costo.

Ma uno dei manager se ne uscì con l’intuizione vincente, “facciamo un buco più grande”. Una vera genialata, il buco più grande fa consumare il prodotto in minor tempo, la sostituzione è più frequente.

Il “buco più grande” del sapone da doccia è un celebre esempio di come funziona il pensiero laterale, creativo.

Il nostro modo di pensare, quello che impariamo a scuola, è analitico, sequenziale, affrontiamo i problemi cercandone la soluzione all’interno di un insieme di regole. Un approccio definito “verticale” perché va nella profondità delle questioni e le incastona in un contesto di razionalità. Un approccio al sapere, e alla vita, che però Edward De Bono, psicologo e filosofo, definisce “efficace ma incompleto”, il pensiero verticale va aiutato e integrato con il pensiero laterale, quello che tira fuori dal cilindro la confezione di sapone con il buco più largo per far consumare in fretta il prodotto.

Come dice Edward de Bono, lo psicologo che lo ha concepito, nel pensiero verticale ciò che importa è la precisione, nel pensiero laterale ciò che conta è la varietà; il pensiero laterale non seleziona sentieri precostituiti ma si apre ad altri possibili percorsi mentali.

Anche l’investitore deve adottare una specie di pensiero laterale nel gestire le fasi di mercato sempre diverse e non sempre favorevoli.

Il 2018, ad esempio, è stato un disastro, il peggiore del decennio, un vero e proprio “annus horribilis” in cui tutte le classi di attivo hanno registrato rendimenti negativi o molto negativi, si è salvata solo la liquidità e poco altro.

Con questi risultati coloro che diffidano dei mercati finanziari hanno buon gioco nel dire “visto? l’avevamo detto che tenere i soldi sul conto corrente è meglio che investirli nell’incertezza”.

Un’osservazione suggestiva ma fuorviante perché non fa i conti con il tempo, l’altro pilastro che, con la diversificazione, regge l’arco dell’attività di gestione. 

A differenza dei manager alle prese con il sapone da doccia, l’investitore è più fortunato, non deve fare eccessivo stretching mentale con il pensiero laterale nella ricerca di soluzioni innovative. All’investitore è sufficiente, e sarebbe già molto, integrare il pensiero tradizionale con uno specialissimo “lateral thinking” che, quando si tratta di risparmio, altro non è che “long-term thinking”, concetto che si può tradurre in ”capacità di visione”.

Nel film L’attimo fuggente, il professor Keating/Robin Williams esorta i ragazzi a pensare in modo creativo, ad esercitarsi a guardare alla realtà con punti di vista diversi, anche salendo in piedi sul banco.

Seduto al banco, il risparmiatore vede che nel 2018 la borsa di Francoforte è stata la peggiore in Europa, indebolita dai titoli finanziari e dal settore auto, vulnerabile alle minacce tariffarie d’oltre oceano e ai nuovi standard normativi sulle emissioni di gas.

Ma nel momento in cui sale in piedi sul banco come i ragazzi del film, la prospettiva cambia radicalmente e la peggiore borsa europea del 2018 diventa la borsa che nel decennio ha più che duplicato il proprio valore, la migliore in Europa con +112%, grazie alla formidabile crescita della Germania. Chi avesse acquistato l’indice tedesco dieci anni fa oggi guarderebbe al -18% dello scorso anno con animo decisamente diverso.

Lo scenario è di difficile lettura agli stessi analisti politici, figuriamoci se possiamo trarne indicazioni di scelte finanziarie, ma uno scenario complesso non comporta necessariamente strategie complesse. La semplicità fa premio sulla complessità, non cede alla tentazione di prevedere ciò che c’è dietro l’angolo, guarda piuttosto alla prospettiva di lungo termine. 

Il disappunto, l’amarezza, sono emozioni naturali e comprensibili, ma in anni come il 2018 la fedeltà al metodo e la capacità di ragionare nel lungo termine diventano indispensabili.

Mettiamo insieme un po’ di fatti e osserviamoli stando in piedi sul banco.

I rischi politici sono tornati con forme diverse a esercitare la loro influenza sui mercati: le guerre tariffarie e le loro ricadute sulle catene globali del valore, i fragili equilibri in Europa dove Brexit si intreccia con le elezioni e il rallentamento economico, i focolai di tensione in Corea del Nord, Siria e Iran, Nord Africa che insidiano gli stessi rapporti diplomatici tra paesi storicamente vicini.

L’economia globale è nella fase “post-massimi”: la lunga espansione avviata nel 2009 e gli utili aziendali hanno raggiunto i massimi nella seconda metà dello scorso anno e ora l’economia globale si sta raffreddando. Quando i rendimenti a lungo termine sono prossimi o addirittura inferiori a quelli a breve, il mercato sta segnalando qualcosa, un atteggiamento di cautela è raccomandabile. Ma la curva dei rendimenti non è l’unico elemento da tenere d’occhio per individuare il momento di inversione del ciclo economico. Gli indici ISM, manifatturiero e dei servizi, sono alti. Negli ultimi settant’anni, il 60% delle maggiori correzioni della borsa americana non ha preceduto una recessione. Atteniamoci ai dati, è ragionevole attendersi il rallentamento della crescita globale ma non tale da far mancare il supporto agli utili aziendali, sia pure in misura inferiore a quella dello scorso anno.

È probabile attendersi per il 2019 rendimenti contenuti e più frequenti episodi di volatilità, diventa decisiva l’asset allocation, con l’obiettivo di minimizzare i possibili drawdown. L’approccio della preservazione del capitale, del “primo non prenderle”, è meno eccitante della ricerca di massimizzazione dei risultati con marcate esposizioni azionarie, gli obiettivi sono più modesti ma se rallentamento non significa recessione, cautela non fa rima con liquidità. Il lungo termine rende giustizia agli investimenti finanziari e punisce senza appello i detentori di liquidità, la peggior forma di conservazione del risparmio che, nel tempo, non remunera e perde di valore.

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