Il coronavirus cambierà per sempre il nostro rapporto con l’online

In Cina tutto cominciò con la Sars. La storia si sta ripetendo con il Coronavirus. Dal ricorso massiccio all’e-commerce, allo smart working, dalle lezioni scolastiche e universitarie online alle video conferenze. Questi cambiamenti sono temporanei o di fatto ci stiamo educando a uno stile di consumo, lavoro e istruzione dal quale non torneremo indietro?

Nielsen ha reso noto che nella folle settimana di febbraio nella quale scoppiò il coronavirus e i supermercati furono presi d’assalto, le vendite nella grande distribuzione del Nordovest aumentarono del 11% rispetto alla stessa settimana dell’anno passato.

In realtà, si è trattato di un fuoco di paglia per il retail tradizionale e anzi il coronavirus cambierà radicalmente il nostro modo di relazionarci con tutto il mondo online e l’e-commerce.

Per capirlo dobbiamo andare a studiare la storia recente del paese con l’e-commerce più grande al mondo, la Cina, dove le vendite online rappresentano già il 30% del mercato totale, a differenza di una media mondiale dell’ 11-12% e dell’ 8% in Italia. E dobbiamo andare indietro nel tempo di qualche anno, ai tempi della Sars nel 2003, perché fu proprio quel virus lo spunto che fece nascere il settore dell’e-commerce in Cina.

Prendiamo le due più grandi aziende di e-commerce della Cina: Alibaba e JD.com.

Nel 2003 Alibaba aveva solo quattro anni di vita ed era una piccola piattaforma esclusivamente B2B che metteva in contatto le aziende americane con i loro produttori in Cina. Alibaba non faceva e-commerce B2C, nel senso che non vendeva direttamente ai consumatori. Improvvisamente, con la SARS le aziende americane smisero di visitare i fornitori in Cina e non rimase loro che registrarsi su Alibaba, il cui numero di nuovi iscritti giornalieri si moltiplicò per cinque nel giro di poche settimane.

Ma, soprattutto, fu proprio durante il culmine della Sars che Jack Ma creò una task force segreta di sei persone con l’obiettivo di lanciare entro sei mesi la piattaforma C2C Taobao che in soli due anni divenne il leader di mercato assoluto in Cina superando eBay.

Il resto è storia, con Taobao che oggi ha 700 milioni di utenti registrati, e con Alibaba che poi lanciò Tmall, la piattaforma B2C che permette alle aziende di vendere direttamente ai consumatori, finendo per inventarsi la promozione del Singles Day (o 11.11), con vendite di 30 miliardi di dollari solo lo scorso mese di Novembre, più di quanto fattura Amazon globalmente in un trimestre intero!

La storia della Sars si ripete con il secondo player dell’e-commerce in Cina, JD.com.

Nel 2003 Jack Liu possedeva una piccola catena di dodici negozi di elettronica, la SARS forzò l’imprenditore a chiuderli tutti tranne uno e per non fallire cominciò a vendere sulle chat cinesi, e nei mesi successivi intraprese la costruzione di quello che sarebbe divenuto il secondo pilastro dell’e-commerce cinese, JD.com.

In Cina tutto cominciò con la Sars e successivamente i consumatori cinesi non tornarono indietro ai vecchi stili di acquisto, costruendo in pochi anni il più grande mercato dell’e-commerce al mondo.

E la storia si sta ripetendo con il Coronavirus.

Recentemente l’amministratore delegato del gruppo cosmetico francese L’Oréal ha affermato che in Cina a febbraio durante il picco del coronavirus hanno registrando un’esplosione delle vendite online, che addirittura hanno oltrepassato la soglia del 50% delle vendite totali in Cina, affermando poi che questo cambio sembra avere l’aria di essere permanente.

E quindi tornando da noi in Italia c’è da chiedersi se tutti gli aggiustamenti che stiamo apportando alla nostra vita: dal ricorso massiccio all’e-commerce, allo smart working, dalle lezioni scolastiche e universitarie online alle video conferenze, se tutti questi cambiamenti sono temporanei o di fatto ci stiamo educando a uno stile di consumo, lavoro e istruzione dal quale non torneremo indietro.

Se guardiamo ai nostri amici cinesi, sembra proprio che sarà così.

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