I manager e le priorità del lavoro

Oltre 900 manager, intervistati da AstraRicerche per Manageritalia nel mese di maggio, hanno indicato sei priorità per il futuro del lavoro: sicurezza, flessibilità, produttività, benessere, competenze e nuove regole
priorità nel mondo del lavoro per i manager secondo un'indagine di astraricerche per manageritalia. i risultati più importanti

In un’Italia che cambia, oltre 900 manager si sono presi un momento per riflettere. Hanno risposto a una domanda semplice ma cruciale: “Cosa serve davvero oggi nel mondo del lavoro?”. Le loro risposte hanno tracciato una mappa precisa delle priorità. Al primo posto, come l’urgenza più condivisa, c’è la sicurezza sul lavoro. Non più soltanto un obbligo normativo, ma una responsabilità collettiva. I dirigenti chiedono controlli più severi, responsabilità lungo tutta la filiera e un impegno concreto per fermare la strage silenziosa delle morti bianche. Questi sono gli aspetti più critici da affrontare, migliorare e risolvere.

Gli altri, in parte già acquisiti, ma solidi e necessari – seppur migliorabili – sono: contrattazione collettiva e contratti integrativi; adozione dell’IA e suo impatto sul lavoro; welfare aziendale; intergenerazionalità; diversità, equità e inclusione. Sono queste le dieci tavole del lavoro moderno, capace davvero di generare senso e benessere nelle persone e produttività e competitività nelle aziende. Sul fronte dei contratti a termine, la visione è pragmatica: servono sì per rispondere a picchi e stagionalità, ma vanno regolati meglio, con più controlli e meno abusi.

Perché la precarietà non è solo un problema individuale, è un freno per tutto il Paese. In sintesi, i manager italiani del 2025 non chiedono meno regole, ma regole migliori. Vogliono un lavoro più sicuro, umano, flessibile e competente e, soprattutto, più produttivo. E sono pronti a fare la loro parte per costruirlo.

Il ruolo di Manageritalia e dei manager

Secondo Marco Ballarè, presidente Manageritalia, «Questa fotografia restituisce un messaggio chiaro: i manager vogliono un lavoro più moderno, tutelato e competitivo. Come sindacato dei dirigenti e associazione di rappresentanza dei manager, siamo al loro fianco per trasformare questa visione in azioni concrete, negoziando soluzioni che rispondano alle sfide del presente e anticipino quelle del futuro. Forti della nostra esperienza, vogliamo contribuire a cambiare il lavoro a favore di tutti, non solo quello dei dirigenti».

Le priorità del lavoro in Italia oggi

Per i dirigenti, le principali priorità sono la sicurezza sul lavoro, la gestione del tempo e del luogo di lavoro e la produttività. Seguono il benessere fisico e mentale, la collaborazione con il mondo della formazione e la professionalità dei lavoratori (skill, upskilling, reskilling) con il 27%. Questa attenzione, potremmo dire preoccupazione, per questi aspetti è ancora più sentita dai dirigenti più giovani, che mettono, ai primi tre posti, la gestione del tempo e luogo di lavoro, il benessere fisco e la produttività, seguiti subito dopo dalla sicurezza. Tutto quello che segue è meno prioritario, perché attualmente è considerato meno critico e, in parte, già a un buon livello è presente (vedi tabella a pagina 32).

Il funzionamento del mercato: licenziamenti, reintegro e risarcimento

Visto il momento caldo sui licenziamenti, abbiamo sondato l’opinione dei manager su questo aspetto determinante. I dirigenti hanno le idee chiare. Quello che serve davvero per avere un mercato che funzioni, tutelando le persone e la competitività delle aziende e del sistema, sono politiche attive che rendano meno grave il licenziamento e la perdita del posto di lavoro, per ché è possibile avere supporto per ricollocarsi: lo pensa il 92% dei dirigenti e tutti i manager in generale, siano essi in attività o in pensione.

A seguire, forti di un mercato che funzioni davvero, i dirigenti pensano anche che il reintegro sia inopportuno e difficilmente praticabile per le tensioni che si creano in azienda (82%). Certo, dicono anche che il contributo di un giudice è fondamentale per poter valutare anche gli elementi di gravità del comportamento dell’azienda non misurabili in modo oggettivo (68%).

Quindi, non è una fuga dalla legge che, anzi, il 68% dei dirigenti ritiene dovrebbe prevedere risarcimenti elevati (anche sopra gli attuali 36 mesi e crescenti al crescere di dell’anzianità aziendale e anagrafica del lavoratore). Questo atteggiamento non ha particolari differenze per dimensione dell’azienda o età del dirigente. A seguire, ma sotto i due terzi dei favorevoli, emergono vari aspetti volti a proteggere le persone, ma anche ad avere un mercato attrattivo, funzionale e funzionante ad aumentare attrattività e competitività del sistema.

I contratti a termine

Per quanto riguarda i contratti a termine, altro tema caldo, i dirigenti ritengono che in alcuni settori siano necessari per rispondere a specifiche caratteristiche di stagionalità ecc. (89%). Allo stesso tempo, però, considerano l’instabilità e la precarietà del lavoro non solo un problema sociale, ma anche economico per il nostro Paese (78%).

Proprio per questo pensano che i contratti a termine siano necessari per rispondere a picchi o incertezze dell’attività economica (77%), ma anche che servirebbero molti più controlli per verificare se siano giustificati o un modo per aggirare la legge (72%). Anche perché ritengono con forza che il lavoro stabile sia un bene per il lavoratore e l’azienda (66%).

Questo è il pensiero diffuso e generalizzato tra dirigenti più o meno giovani, di aziende grandi o piccole e anche tra chi non è più attivo.

La sicurezza sul lavoro

In merito al tema e problema caldissimo della sicurezza sul lavoro, i dirigenti hanno un’opinione netta. Primo, oltre alle regole servono controlli frequenti e approfonditi nei contesti di appalto e subappalto (89%), anche perché, dicono con forza, quasi urlano, che il fenomeno delle morti sul lavoro richiede un intervento urgente (88%). La catena di responsabilità fino alle aziende committenti, già presente, obbliga anche questi ultimi a scegliere partner, fornitori o appaltatori affidabili (72%).

Solo la minoranza ritiene che la catena di responsabilità svantaggi le pmi (42%) o rischi un blocco dei lavori o un’internalizzazione (39%). Anche qui un giudizio diffuso e generalizzato per caratteristiche anagrafico-professionali dei manager.

le priorità per il mondo del lavoro in italia

 

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