“Al green pass siamo favorevoli, ma deve essere applicato in maniera chiara: chiediamo un quadro chiaro per poter controllare in azienda il green pass perché oggi è abbastanza dubbio che lo si possa fare. Tra i direttori delle risorse umane c’è chi sta prendendo la posizione espressa anche dal professor Pietro Ichino, e che, cioè, già oggi sia possibile chiedere il certificato vaccinale come elemento di accesso al luogo di lavoro, ma la maggior parte è in attesa di chiarimenti che ancora non ci sono”. Lo dice in un’intervista ad Adnkronos/Labitalia Mario Mantovani, presidente CIDA e Manageritalia.
“Non tutti i casi sono uguali – sottolinea Mantovani – ma un direttore del personale, laddove necessario, deve poter essere in grado di controllare il green pass. Ma questa chiarezza ancora purtroppo non c’è”. “L’idea che il Green Pass debba essere preceduto dall’obbligo vaccinale mi sembra un po’ un modo di scaricare le responsabilità cioè ‘non prendiamo posizione’ e non scontentiamo quei (pochi) che non si vaccinano. La nostra è una posizione chiara – afferma Mantovani –: il green pass è uno strumento necessario per garantire la salute ed evitare altre chiusure”.
Mantovani interviene anche su PA e smart working: una discussione “che rischia di ridursi a ‘orario di lavoro da casa o da ufficio” e che “come tale è fuorviante perché elude il problema vera ossia bisogna riorganizzare il lavoro”. Il presidente CIDA parla dell’ipotesi della fine dello smart working nella PA e non nasconde le sue perplessità. Insomma la dicotomia ‘in ufficio o da casa’ “è proprio sbagliata nella filosofia dello smart working perché il concetto è cambiare, è una nuova modalità organizzativa che deve essere tagliata su ciascuna tipologia di attività e che, a tendere, è un mix che prevede tempo in ufficio e tempo a distanza”, precisa Mantovani.
“La preoccupazione vera è che il rinnovamento in atto nella PA non è guidato da esperti organizzativi. Non a caso, la cosa che abbiamo detto fin dall’inizio è: assumete nel settore pubblico persone con competenze organizzative – ricorda Mantovani – cioè ridisegnate le organizzazioni degli uffici. E poi si potevano anche ridisegnare gli orari la presenza e lo smart working”. C’è poi un altro aspetto fondamentale per lo smart working anche nella PA: “Deve basarsi su sistemi informatici adeguati perché non si può certo chiedere all’impiegato di portarsi i faldoni a casa”, conclude.
“Lo smart working nella PA è un’occasione da non perdere proprio in termini di riorganizzazione del lavoro e per avere nel lavoro a distanza una leva in più. Se non si segue questa linea stiamo nel dibattito ideologico ‘è un privilegio/non è un privilegio’ che francamente non porta da nessuna parte”.