Foodmania: cibo, fenomeno in crescita

Il cibo sembra al centro del sistema mediatico e comunicazionale. Ecco le ragioni di questo fenomeno in crescita

Provate ad accendere la televisione: a qualsiasi ora del giorno, e della notte, vedrete qualcuno ai fornelli. Aprite un giornale e troverete le pagine dedicate alle ricette oppure un articolo incentrato sullo chef del momento. Navigate sul web: passando da un link all’altro finirete sul sito di un food blogger, di una community di foodies (sono oltre 415mila gli italiani che dichiarano di partecipare regolarmente a community online centrate sul cibo) o di una scuola di cucina. Visitate un social network: troverete molteplici immagini di pietanze più o meno elaborate e di tavole imbandite. Il cibo è, da qualche tempo, al centro del sistema mediatico e comunicazionale: gli chef sono più celebri delle rockstar, i ristoranti sono mete di pellegrinaggio e chi non sa cucinare è tagliato fuori da molte conversazioni. Come ha scritto Aldo Grasso sul Corriere della Sera, «abbiamo smesso di considerare il cibo un semplice strumento di nutrimento per elevarlo (o degradarlo) a un oggetto di intrattenimento pop che può declinarsi in infinite forme, ma anche per trasformarlo in metafora di modi d’intendere la vita».
Quali sono le ragioni di questo fenomeno? Sicuramente la situazione complessiva di incertezza (non solo economica ma anche sociale e culturale) gioca la sua parte. È naturale che, in un clima dominato dalla precarietà, i consumatori si affidino (si rifugino?) negli aspetti più concreti, e per questo affidabili, dell’esistenza. E cosa vi è di più concreto della preparazione di un alimento? Gesti, relativamente semplici, come la scelta degli ingredienti o la cottura, sono estremamente concreti e consentono di arrivare a un risultato tangibile, che si può vedere, toccare, annusare, assaporare.

L’ho fatto con le mie mani
C’è poi un tema di creatività. Sebbene molti chef di professione possano storcere il naso dinanzi alle sperimentazioni domestiche, cucinare è oggi, per molti, uno spazio di espressione della propria personalità. Preparare un sugo per la pasta, magari introducendo un ingrediente nuovo o modificando il procedimento di cottura, oppure decorare una torta, diventa così un modo per raccontare qualcosa di sé, per esprimere se stessi. E per sentirsi gratificati. Come tutte le attività basate sul fai da te, la cucina offre, infatti, il valore aggiunto di poter dire “questo l’ho fatto io, con le mie mani”. Un plusvalore che bilancia le eventuali imperfezioni: certo, la torta non è bella come quella che avrei potuto acquistare dal pasticcere, ma questa è la mia torta e, per questo, è diversa da tutte. Un’indagine realizzata da AstraRicerche su un campione rappresentativo della popolazione parla chiaro: al 57% degli intervistati piace provare nuove ricette mentre il 24% dichiara di sperimentare accostamenti e metodi di preparazione nuovi, diversi dal comune (come la cottura a vapore o il wok).

Sebbene molti chef di professione storcano il naso dinanzi alle sperimentazioni domestiche, cucinare è oggi, per molti, uno spazio di espressione della propria personalità.

Foodporn: cibo da mangiare con gli occhi
Questo aspetto del fenomeno è particolarmente evidente sui social network, dove le fotografie di ricette costituiscono ormai un vero e proprio genere, ribattezzato Foodporn. Qualche esempio: su Flickr, il gruppo dedicato al cibo, conta oltre 40mila membri e 600mila immagini caricate. Si va dalle foto di costolette di maiale posate sulla brace incandescente ai pancake irrorati di sciroppo d’acero, dalla pizza alla torta di mele. Su Pinterest i board fotografici dedicati al cibo generano il 50% in più di condivisioni rispetto a quelli sulla moda o lo stile, mentre Instagram, dove si susseguono immagini di alimenti dolci e salati, è stato ribattezzato Foodstagram.

Dalla moda alla cucina
Senza dimenticare i blog: da quelli più tradizionali, come GialloZafferano, a quelli dedicati all’universo veg, sino ai blog che uniscono moda e cucina. Avete capito bene: il cibo e gli abiti. Due mondi apparentemente in antitesi, che rivelano elementi di consonanza inaspettati. Lo dimostra il blog Taste of Runway, nel quale le ultime tendenze delle collezioni dei designer sono accostate a spunti creativi da utilizzare in cucina: l’abito rosa shocking di Gucci viene associato al risotto alla barbabietola, l’outfit di Alexander Mc Queen a uno speziato risotto al curry e la creazione, ovviamente rossa, di Valentino a una millefoglie di formaggio e pomodorini.

La crisi economica e il boom del fai da te
Un altro elemento fondamentale, che ha senza dubbio favorito il boom della cucina, è la crisi economica. La contrazione del potere di spesa delle famiglie ha incentivato un ritorno alla preparazione domestica dei piatti. Perché spendere 10 euro (almeno) per mangiare una pizza fuori quando, con una cifra decisamente inferiore, posso preparare a casa la pizza che preferisco? Perché acquistare le lasagne già pronte quando, con un po’ di tempo e pazienza, posso farle io? La crisi ha dunque fatto riscoprire il piacere della tavola a casa (da soli, in famiglia, con gli amici) ma anche in ufficio. Secondo il Censis, sono infatti ben 7,7 milioni gli italiani che ricorrono alla “schiscetta” (ovvero il cibo portato da casa) e, di questi, quasi 4 milioni lo fa regolarmente. In tal modo risparmiano (chi ha i buoni pasto li utilizza per la spesa, nei supermercati che li accettano), variano il menu (sottraendosi alla scelta obbligata tra panino e piatto scaldato proposti nel bar sotto l’ufficio) e, nel contempo, si nutrono in maniera un po’ più equilibrata (o almeno ci provano).

La contrazione del potere di spesa delle famiglie ha incentivato un ritorno alla preparazione domestica dei piatti

Nuovi stili alimentari
Il perdurare della crisi ha inoltre sostenuto lo sviluppo di nuovi stili alimentari. È il caso, per esempio, della cucina basata su materie prime povere, meno costose: la scaramella di bovino al posto del filetto, le ali e le frattaglie al posto del petto di pollo, i fagioli e le lenticchie al posto della carne e così via. Si pone nello stesso filone la tendenza a recuperare gli avanzi, evitando che vadano sprecati tra i rifiuti. Così la pasta avanzata diventa la base per un timballo, mentre il riso della sera precedente si trasforma nella farcitura degli arancini. Il pane raffermo, un classico tra gli avanzi della tavola, si frulla nel mixer e diventa pan grattato oppure, una volta lasciato in ammollo nel latte, viene utilizzato come ingrediente per le polpette. Un esempio concreto arriva dai dati sul cenone di Capodanno 2014, i cui avanzi sono stati riutilizzati per i pranzi e le cene post-feste. In questo modo, tra cibo e bevande, sono stati salvati dalla spazzatura 200 milioni di euro (fonte: Coldiretti). Un aiuto per ridurre gli sprechi arriva, inaspettatamente, dalla tecnologia grazie alle piattaforme online, come MyFoody. Il meccanismo è semplice: le imprese della produzione, distribuzione e ristorazione “caricano” sul sistema la propria offerta (prodotti in scadenza, difettati o in eccesso purché, ovviamente, qualitativamente perfetti) e l’utente, una volta collegatosi, visualizza i prodotti disponibili nella propria area. Un sistema win win, vantaggioso per entrambe le parti coinvolte: le aziende aumentano le percentuali di vendita e riducono la quantità di rifiuto da smaltire mentre i consumatori risparmiano.

La crisi si sente ma gli sprechi continuano
Tuttavia, nonostante le strategie messe in atto, la quota di alimenti che finisce nella spazzatura è ancora enorme. Secondo Coldiretti, è pari al 30% degli alimenti acquistati, per un totale di 4mila tonnellate di prodotti al giorno. I motivi per cui il cibo finisce nella pattumiera sono tanti. C’è chi compera confezioni troppo grandi, chi riempie il frigo perché ha sempre paura di non avere in casa cibo a sufficienza e chi, attratto da sconti e offerte, acquista prodotti che finisce per non consumare. Ma ci sono anche gli sperimentatori che mettono nel carrello i prodotti nuovi o dai sapori insoliti (salvo, poi, cestinarli poiché non corrispondono al loro gusto) e le famiglie destrutturate: si fa la spesa per tutti, ma poi uno si ferma a cena fuori, l’altro fa l’aperitivo, il terzo arriva tardi, non fa in tempo a cucinare e ordina la pizza. Risultato: la spesa finisce nel cassonetto. Fra i cibi gettati i posti di onore spettano, ovviamente, ai freschissimi, come la frutta, la verdura e i formaggi.

Leggi anche i 10 paradigmi di approccio alimentare, tratti dal libro Nuovi modelli di consumo alimentare di Anna Zinola.

 

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