In occasione del 5° convegno internazionale sulla Corporate Social Responsibility che si svolgerà domani a Bologna (Auditorium Unindustria, via San Domenico 4) abbiamo posto alcune domande per approfondire le tematiche che verranno affrontate a una delle protagoniste della tavola rotonda, Franca Perin, head of SRI Generali Investments.
È vero che oggi c’è sempre più attenzione da parte degli investitori istituzionali alla sostenibilità delle aziende in cui investire?
Senza dubbio. In un momento in cui l’interesse degli investitori verso gli investimenti socialmente responsabili è sempre più forte, cresce di pari passo anche la loro attenzione alla sostenibilità delle aziende. Dal momento che la finanza sostenibile mira infatti a creare valore – per la società nel suo insieme – in un’ottica di medio lungo periodo, è fondamentale investire in imprese sensibili nei confronti del tema dello sviluppo sostenibile e di tutto quanto a esso collegato, e che siano esse stesse pienamente sostenibili.
Che cos’è e come viene misurata questa sostenibilità? Ci sono dei rating veri o ognuno fa per sé? E come?
Ciò che rende sostenibile un’azienda è la capacità di creare valore per tutti i propri stakeholder, dagli azionisti ai clienti, dai dipendenti alla società civile nel suo insieme. Questa sostenibilità viene misurata attraverso indicatori di natura ambientale, sociale e di governance (criteri ESG), ma non esiste una metodologia unica: il numero dei criteri valutati può variare e la misurazione può essere affidata ad agenzie esterne, oppure essere svolta internamente, come avviene nel nostro caso. In Generali Investments il team di cinque analisti SRI che io coordino analizza infatti 520 società quotate europee appartenenti a 26 diversi settori sulla base di 34 diversi criteri ESG. Si tratta di aspetti e rischi non finanziari, tra i quali la corporate governance, l’impatto dei cambiamenti climatici, il capitale intangibile e la reputazione. Il risultato dell’applicazione di questi criteri è l’attribuzione di un rating a ciascuna società analizzata, e questo ci permette di escludere circa la metà dell’insieme iniziale di emittenti dal nostro universo di investimento.
La sostenibilità alla quale guardano gli investitori è la stessa alla quale guardano i consumatori e clienti?
Non necessariamente. Tralasciando l’elemento della performance, ovviamente importante per tutti gli investitori, siano essi istituzionali o retail, possono esserci differenze anche sostanziali.
Per gli istituzionali, ad esempio, l’investimento socialmente responsabile può essere uno strumento prezioso dal punto di vista della diversificazione o della gestione del rischio, mentre nel caso degli investitori retail non va sottovalutata l’importanza dell’elemento etico, la volontà di avere un impatto diretto positivo sulla comunità attraverso il proprio investimento, diventando agenti attivi del cambiamento.
L’interesse degli investitori verso questa sostenibilità quanto è influenzato da quello dei clienti? Si presuppone quindi che quell’azienda andrà anche finanziariamente meglio?
Ancora una volta, dipende da caso a caso. Nel caso di Generali, l’attenzione allo sviluppo sostenibile e agli investimenti socialmente responsabili ha preceduto di molto l’interesse dei clienti. Il filtro etico alla maggior parte degli investimenti diretti del Gruppo è infatti stato applicato per la prima volta nel 2006 e quattro anni dopo è stato creato il team dedicato di analisti SRI di Generali Investments. Le ragioni di questo impegno si devono alla natura stessa del business assicurativo: la valutazione e la previsione dei rischi sono infatti il fulcro dell’attività assicurativa e prevenire i principali rischi sistemici è fondamentale per la conservazione del capitale e la creazione di valore finanziario.
Ci sono delle figure professionali apposite che si occupano di questo? Quale formazione devono avere?
L’affermazione di figure professionali dedicate è andata di pari passo con la crescita degli investimenti socialmente responsabili. Quando io ho iniziato a svolgere il lavoro di analista SRI, diciotto anni fa, si trattava di una professione nuova: il numero di ‘strumenti’ in grado di garantire una formazione adeguata era decisamente inferiore a oggi e per molti aspetti l’autodidattica era l’unica strada. Oggi invece, soprattutto nei paesi più all’avanguardia come la Francia, esistono numerosi master e percorsi di studio dedicati.
Quali evoluzioni pensa ci saranno su questo aspetto e tema? Diventerà sempre più importante e come?
Come ho detto, l’attenzione nei confronti degli investimenti socialmente responsabili è alta ed è lecito credere che continuerà ad esserlo sempre di più. In questo senso i dati parlano chiaro: sebbene il settore sia ancora dominato percentualmente dagli investitori istituzionali, la crescita del retail continua ad essere molto forte.
A livello di prodotti, quella dei fondi tematici è sicuramente una tipologia di investimento che sta ricevendo una forte richiesta. Ponendosi l’obiettivo di creare valore per gli investitori e per la società nel suo insieme, i fondi tematici permettono agli investitori di essere molto più vicini a determinati trend sociali che prendono in considerazione le attese dell’intera società civile. Molti dei fondi attualmente sul mercato si concentrano su tematiche ambientali, mentre la nostra idea è stata quella di concentrarci su un tema di tipo sociale, l’invecchiamento della popolazione, con una strategia azionaria tematica che investe in tre pilastri di investimento ben posizionati rispetto a questo tema. Anche il mercato dei green bonds negli ultimi tre anni ha avuto un successo importante. Queste obbligazioni, destinate a finanziare progetti ambientali, sono oggi più di 600, per un valore complessivo che supera i 100 miliardi di euro. Crediamo si tratti di uno strumento molto interessante, ma bisogna fare molta attenzione nelle valutazioni e la trasparenza dei progetti è un punto da migliorare. A nostro avviso, uno standard comune obbligatorio potrebbe essere di grande aiuto in questo senso.
QUI IL PROGRAMMA DEL CONVEGNO: