Covid: quale impatto in busta paga?

Gli effetti della pandemia sul mercato retributivo manageriale. Variazioni, settori e trend

Gli ultimi anni hanno visto un forte cambiamento del management italiano a livello privato. C’è stato un forte ricambio generazionale e una debole stabilità a livello retributivo. Quest’ultimo aspetto – su cui influisce la stagnazione salariale che osserviamo nel nostro Paese più che in altri, anche a fronte di una difficoltà strutturale di crescita della produttività – è aggravato dall’andamento dell’inflazione, la cui crescita, seppure non particolarmente sostenuta, ha determinato un diffuso calo del potere d’acquisto negli ultimi anni.

L’avvento del Covid-19 ha rappresentato un forte shock, soprattutto dal punto di vista economico. La crisi pandemica, ormai in atto dal marzo 2020, avrà verosimilmente delle forti ripercussioni su un mercato del lavoro già evidentemente in difficoltà, soprattutto quando le misure adottate a sostegno dell’occupazione non saranno più attive. Ad oggi, i salari non hanno subito particolari scossoni.

La dinamica retributiva del 2020, infatti, secondo lo studio condotto dall’Osservatorio JobPricing per Manageritalia, ricalca quanto visto nell’ultimo quinquennio: dal 2015 ad oggi le retribuzioni di tutte le qualifiche professionali, manager compresi, non sono significativamente mutate.

Per quanto riguarda le retribuzioni dei manager si osserva però una leggera crescita nell’anno pandemico: +1,7% per i dirigenti, +0,5% per i quadri. Un fenomeno riconducibile alle chiusure aziendali, che hanno riguardato soprattutto le pmi, e che fanno registrare una tendenza illusoria di crescita salariale aggregata dettata dalla composizione degli occupati rimasti nel mercato (non rispecchia un’effettiva crescita dei salari degli occupati; tabella 1).


La retribuzione media di un dirigente nel 2020 è pari a 102.963 euro lordi annui, quella di un quadro è pari a 54.511 euro. La componente variabile dei manager, a integrazione della retribuzione fissa, è pari a 19.538 euro per i dirigenti, che nel 2020 hanno percepito una quota variabile (circa due dirigenti su tre), mentre la quota media percepita dai quadri è di 6.165 euro (spettante a circa il 57%).

È ormai diventato scontato valorizzare l’evoluzione delle politiche retributive verso logiche in grado di collegare la retribuzione percepita al “valore” portato da ciascuna risorsa all’azienda e al business. In altre parole, la quota variabile di anno in anno ha avuto sempre maggiore peso economico nel cosiddetto compensation mix.

Il 2020 è stato un anno molto particolare, in cui la maggior parte del mercato è stata penalizzata in termini di retribuzione variabile, tanto che il mancato raggiungimento degli obiettivi ha determinato un drastico calo di percettori di variabile e di retribuzione effettivamente percepita. Questa dinamica è visibile in particolar modo tra impiegati e operai, mentre il calo di percettori di quota variabile e di retribuzione assoluta è stato più contenuto per la popolazione manageriale (tabelle 2 e 3).



DIMMI DOVE SEI E TI DIRÒ QUANTO PRENDI 
Nel mercato sono i servizi finanziari il settore che “paga meglio” i manager, in particolare i dirigenti, mentre tra i quadri il livello retributivo nel segmento finanziario è stato raggiunto dai “pari qualifica” dei settori dell’industria manifatturiera e superato dal segmento delle utility. L’agricoltura, invece, rimane il fanalino di coda per retribuzione media manageriale. Possiamo osservare come in generale il mondo dei servizi è quello che meglio ha retto in termini retributivi l’ultimo quinquennio, complessivamente asfittico (tabella 4).


Oltre al settore, il fattore di maggiore differenziazione manageriale è la dimensione dell’azienda: il delta fra una microimpresa e una grande (+1.000 dipendenti) è di circa 14.500 euro lordi nel caso dei dirigenti e di circa 6.000 euro lordi nel caso dei quadri (tabella 5).


La retribuzione dei manager aumenta al crescere della dimensione dell’azienda, dinamica caratteristica del mercato retributivo italiano, non solo degli ultimi anni. Si può tuttavia osservare come il passaggio da aziende medie ad aziende grandi sia remunerativo per un dirigente, ma non lo sia per un quadro. Dal 2015 ad oggi è il segmento delle piccole imprese ad avere avuto i migliori trend: per una categoria come quella dirigenziale, in evidente riduzione retributiva, i dirigenti delle piccole aziende hanno visto aumentare le proprie retribuzioni di oltre 4 punti percentuali. I trend retributivi fra i quadri sono invece positivi per qualsiasi segmento dimensionale, con una crescita leggermente più elevata per le aziende di medie e grandi dimensioni.

LE FUNZIONI AZIENDALI 
Prendendo in considerazione l’ambito funzionale, escludendo il vertice aziendale da questa analisi (il cui stipendio fisso in media si attesta a circa 117mila euro lordi annui), la funzione HR è quella in cui i dirigenti sono in media meglio retribuiti (101.562 euro lordi annui), con le funzioni legate alle attività produttive (produzione, area tecnica, qualità) che presentano livelli un po’ più bassi rispetto alle funzioni di staff (ad eccezione dell’Ict) e alle vendite e al marketing. Fattore dovuto alla minore diffusione delle figure manageriali in ambito risorse umane in generale, ancor più con qualifica dirigenziale, se non in aziende di medio-grandi o grandi dimensioni e multinazionali.

Fra i quadri il livello retributivo medio è molto simile, tra 52mila e 55mila euro: si distingue solamente la funzione vendite, quella meglio remunerata nel mercato (circa 58mila euro lordi annui). In termini di retribuzione variabile proprio la funzione vendite si distingue, come ci si poteva aspettare, con i valori più elevati del mercato, sia che si parli di dirigenti sia che si parli di quadri (tabella 6).


COSA NE PENSANO I MANAGER 
Al netto dello stipendio percepito, ogni lavoratore può soggettivamente esprimere un proprio livello di soddisfazione connesso alla retribuzione, elemento che le aziende dovrebbero tenere a mente in un’ottica di gestione attenta delle politiche retributive.

Diversamente da quanto si potrebbe pensare, il livello generale di soddisfazione è aumentato nel 2020 rispetto al 2019, secondo il Salary satisfaction report 2021 di JobPricing. Per i dirigenti il livello è cresciuto di 0,5 punti, per i quadri è invece aumentato di ben 0,7 punti (tabella 7).

Dopo un anno di Covid-19, i lavoratori a tutti i livelli hanno probabilmente rivalutato il proprio stipendio, nonostante in molti casi lo abbiano visto preservato, e solo parzialmente, dagli interventi di integrazione salariale disposti dallo stato e dalle regioni. È molto probabile che le difficoltà dell’ultimo anno abbiano portato le persone a essere meno critiche rispetto al proprio stipendio (in una situazione in cui molti hanno peraltro perso il lavoro). Non a caso il livello specifico di soddisfazione rispetto ai guadagni del 2020, anche per i manager, è risultato più elevato della soddisfazione generale sul proprio stipendio.

È interessante rilevare come la popolazione manageriale esprima in generale giudizi positivi rispetto all’equità interna, ossia alla percezione di essere pagati in modo equo rispetto agli altri colleghi, ma anche alla competitività esterna, ossia la percezione di essere pagati in linea con coloro che in aziende simili ricoprono lo stesso ruolo. È inoltre cresciuta in questa particolare annata la percezione dei manager di essere pagati in maniera adeguata rispetto al contributo organizzativo e alla performance lavorativa.

Il fattore della performance assume un peso rilevante nella misura in cui la presenza di ulteriori elementi di reward in aggiunta alla retribuzione fissa, anche quando legati al raggiungimento di obiettivi, determinano un innalzamento significativo della soddisfazione dei manager, in particolare dei quadri. In generale, più il pacchetto di reward è diversificato, più la soddisfazione delle persone cresce in maniera significativa (tabella 8). 

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