Coronavirus, terremoto per lo shopping?

L’emergenza sanitaria ha modificato rapidamente e in modo radicale le abitudini di acquisto degli italiani. Comportamenti e trend: uno sguardo ai principali highlight

In poco più di un mese le nostre vite sono cambiate profondamente. L’epidemia di covid-19 ha modificato le relazioni sociali, la gestione del tempo libero e le modalità di lavoro. E ha cambiato la nostra spesa: quello che compriamo, i luoghi e i tempi con cui lo facciamo. Come, di fatto, il coronavirus ha impattato sui comportamenti dei consumatori?

Una prima fase “isterica”

Il primo effetto è stato il sovraffollamento del carrello, che è stato riempito in maniera compulsiva. Da quando è scattata l’emergenza legata alla diffusione del coronavirus, i consumatori hanno letteralmente svuotato gli scaffali dei punti vendita e hanno preso d’assalto i siti di e-commerce. Agli inizi la corsa agli acquisti è stata motivata soprattutto dall’apprensione per l’eventualità di una quarantena. Si è trattato di una sorta di shopping compulsivo e, per molti versi, poco organizzato.  

L’approccio più ragionato

In seguito, i consumatori hanno ripensato al proprio modo di fare la spesa e messo in atto nuove strategie. Si è profilata, pertanto, una spesa più attenta in termini di prodotti e più sostanziosa in termini di quantità. Se, cioè, nella prima fase si buttava nel carrello qualsiasi bene sembrasse utile in un’ottica di medio periodo, in seguito si è sviluppato un approccio più oculato con un duplice obiettivo: da una parte evitare di tornare più volte in negozio e dall’altra selezionare referenze davvero utili. 

Tutti a tavola, in casa

L’introduzione di misure restrittive sempre più incisive da parte del governo, con la conseguente necessità di limitare i pasti all’ambiente domestico, ha ulteriormente favorito lo shopping alimentare. Sessanta milioni di cittadini d’un tratto hanno iniziato a mangiare sempre a casa, compreso quel 10,4% che, secondo la Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), prima del contagio pranzava fuori tutti i giorni, a partire da milioni di studenti.  

Gdo e ristorazione: due segnali opposti

Se da una parte la grande distribuzione (off e online) ha fatto il botto, dall’altra parte i fatturati di bar e ristoranti sono stati azzerati. La conferma arriva dal crollo dei format cash & carry (come, per esempio, Metro), il principale canale di approvvigionamento per bar, ristoranti, pizzerie e simili. Per far fronte alla situazione, molti ristoranti si sono aggrappati al food delivery. In tal senso, le piattaforme di consegna di cibo a domicilio hanno consentito alle strutture della ristorazione di dare un minimo di continuità all’attività e di tutelare i dipendenti e l’indotto occupazionale.  

Una spesa di prossimità

I vincoli imposti per evitare la diffusione del virus hanno cambiato anche i luoghi della spesa. In particolare, dopo l’emissione del decreto “io resto a casa”, è aumentato l’acceso ai punti vendita di vicinato. L’impossibilità di uscire di casa e la necessità di centellinare gli spostamenti per la sicurezza propria e del prossimo ha reso fondamentale la selezione dei posti in cui recarsi. Si sono annullate anche le differenze tra giorni infrasettimanali e sabato, che in precedenza era deputato alla spesa. Secondo l’analisi dei dati raccolti da GeoTracking, le giornate a maggiore affluenza sono diventate il mercoledì e il giovedì. Per contro, il sabato, insieme al lunedì, si è trasformato in un giorno a bassa circolazione. Per quanto concerne le fasce orarie, le più affollate sono quella mattutina (10/12) e il tardo pomeriggio (16/19).  

Facciamo i conti

Quanto può valere, in termini di consumi persi, il coronavirus? Al momento è difficile fare una previsione. Confcommercio stima un calo pari a 52 miliardi di euro, mentre Codacons ipotizza un crollo pari a poco meno di 2.000 euro a famiglia, con una contrazione particolarmente significativa per il mondo dei servizi (turismo, ristorazione, spettacoli dal vivo ecc). 

Quale exit strategy?

Di fatto è probabile che il post-lockdown si sviluppi in due fasi. In una prima fase i consumatori avranno un approccio conservativo. Continueranno, pertanto, a mettere in atto i comportamenti di acquisto e consumo sviluppati durante la quarantena. Ciò significa, per esempio, che manterranno una bassa frequenza di visita ai punti vendita fisici, alternandoli con l’e-commerce, e privilegeranno i prodotti a lunga conservazione. Nella seconda fase – che scatterà una volta che la situazione si sarà stabilizzata – i consumatori recupereranno buona parte degli atteggiamenti e dei comportamenti che li connotavano nel pre covid-19. A prevalere sarà, qui, il desiderio di – se non rimuovere – almeno buttarsi alle spalle l’esperienza della pandemia. E tornare, finalmente, a una vita normale.  


UN EBOOK SUI CAMBIAMENTI IN ATTO 
Come cambia il carrello degli italiani ai tempi del coronavirus? Quale identikit di consumatore si profila in questo scenario così mutevole? A queste e ad altre domande risponde l’ebook “La rivoluzione nel carrello. Viaggio nei consumi dell’Italia che cambia” (GueriniNext, goWare) di Anna Zinola. Il libro comprende infatti una sezione finale dedicata ai consumi degli italiani ai tempi del coronavirus. Perché se è vero che gli effetti psicologici, sociali ed economici di questa crisi si dispiegheranno nel corso dei prossimi mesi, è bene comprendere da subito in che direzione stiamo andando. E da come riempiamo i carrelli – e svuotiamo gli scaffali – è possibile comprendere molto di noi. 

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