La pandemia da covid-19 si è trasformata velocemente da un’emergenza sanitaria ad una crisi economica che sta permeando fortemente i mercati.
Le cicatrici che rimarranno nelle aziende non riguarderanno soltanto i dati finanziari e di bilancio ma influiranno, in maniera importante, anche sulle dinamiche interne ed esterne. Cambierà il paradigma psicologico con cui le organizzazioni agiranno facendole diventare protagonisti, per certi aspetti nuovi, del panorama post crisi.
Le situazioni di ristrutturazione e riorganizzazione che si renderanno quasi sicuramente necessarie, oltre agli aspetti organizzativi legati alle necessità pratiche dei dipendenti, dovranno avere una particolare attenzione allo stato psicologico in un periodo che non ha precedenti storici recenti.
L’intervento del virus ha infatti comportato la perdita istantanea e completa delle certezze, ormai diventate scontate da tempo, legate alla possibilità ad esempio di spostarsi e relazionarsi senza limitazioni.
Seppur consapevoli che la chiusura totale è momentanea, quanto ci vorrà per tornare del tutto allo stile di vita precedente? Il mondo pre-covid19, definendo questo già come una linea di confine, era caratterizzato principalmente dalla fluidità degli scambi globali, sia in termini di reciproca influenza e comunicazione che di spostamenti fisici tra i paesi. Fino ai primi mesi del 2020 era possibile presenziare a un meeting a Parigi in giornata e cenare a Londra, vivere a Novara lavorando a Milano, in modo easy and cheap. Poi, di colpo, lo stop per un tempo indefinito.
È evidente come ad essere stravolta è proprio la necessità presente in ogni individuo di vivere e muoversi in un mondo stabile e coerente. Già in una delle prime teorizzazioni la psicologia sociale riconosceva nelle persone due bisogni primari: avere una visione coerente del mondo e poter esercitare un controllo sull’ambiente circostante (Heider, 1958). È evidente come una situazione come quella attuale sconvolga questi bisogni in un panorama di assoluta incertezza, con la conseguente impossibilità di perseguire i propri obiettivi personali e professionali a breve e medio termine con una percezione di perdita di controllo sulla propria vita.
Lo stravolgimento dei ritmi quotidiani e la situazione globale di incertezza si rivela anche nell’attivazione di meccanismi di reazione e difesa tipicamente arcaici. Pensiamo ad esempio alle manifestazioni di intolleranza verso etnie ritenute responsabili della diffusione del virus o degli episodi di accumulo compulsivo di merci da supermercati e grandi magazzini. Entrambi questi episodi richiamano meccanismi primordiali legati alla necessità di difesa in situazioni critiche e di emergenza che attivano nel primo caso una differenziazione tra gruppi per proteggere quello a cui si appartiene e, nel secondo, un meccanismo di imitazione collettiva di accaparramento di beni.
Oltre a queste dinamiche è indubbio che dovremmo fronteggiare delle conseguenze anche a livello psicologico che caratterizzeranno almeno una parte della popolazione. Si dovrà fare i conti con dinamiche di tipo ansiogeno, depressivo e affini a quello che nella clinica viene definito come disturbo post traumatico da stress. L’elemento da non sottovalutare sarà il fatto che queste dinamiche non coinvolgeranno solo i singoli ma anche intere fasce della popolazione, paesi e comunità. Come non pensare ad esempio ad una sorta di elaborazione del lutto di massa che coinvolgerà quelle comunità maggiormente colpite dalla pandemia?
Un altro cambiamento psicologico importante sarà legato alla percezione del rischio, il processo cognitivo coinvolto in diverse attività quotidiane che orienta i comportamenti delle persone di fronte a decisioni che prevedono delle minacce potenziali, una sorta di valutazione soggettiva e spesso automatica riguardo a ipotibilizzabili costi e beneficifi di un certo agire.
Questa, in molti casi, è discrepante da una valutazione oggettiva, dato che subisce l’influenza di fattori emotivi ed esperienze passate che rendono il processo, appunto, soggettivo. Tra le tante circostanze che inducono gli esseri umani alla prudenza, i rischi legati alle catastrofi naturali (per natura incontrollabili) sono quelli che più sollecitano un atteggiamento di estrema cautela a prescindere dal livello personale di inclinazione al pericolo (Slovic 1987 e 2001).
Semplice a questo punto fare una riflessione su cosa può comportare una pandemia globale, evento sicuramento poco controllabile. Il cambio di atteggiamento non coinvolgerà solo consumi e investimenti, ma rischia di modificare a livello sociale il grado di apertura nei confronti dell’esterno.
Le dinamiche che deriveranno a livello di singoli e comunità si tradurranno senza dubbio anche in cambiamenti di approccio da parte delle aziende, che come tutte le organizzazioni risentono delle modifiche di visione e comportamento delle singole persone che le compongono ai loro diversi livelli. Non è possibile infatti pensare ad un atteggiamento organizzativo che non sia derivato da quello dei suoi componenti e delle dinamiche che tra questi si vengono a creare.
Quali saranno i cambiamenti dunque ai quali assisteremo nelle organizzazioni e nei loro rapporti con l’esterno? In un primo momento le aziende avranno la necessità di un periodo di stabilizzazione per ricompattarsi, valutare la situazione e gli eventuali danni riportati e definire insieme una strategia per ripartire. Ci sarà inoltre un “ritorno alle tradizioni” e una maggiore attenzione a quella che è la vera identità aziendale, fatta di valori condivisi e obiettivi comuni.
Entrambi questi meccanismi serviranno da stabilizzazione contro la fortissima incertezza vissuta. Ci sarà d’altro canto anche tanta voglia di ripartire, valutare nuovi progetti e strumenti, anche se questa fase sarà caratterizzata da un’iniziale prudenza. Nei confronti dei propri collaboratori questo sarà sicuramente un momento utile per coinvolgerli il più possibile e definire insieme una nuova visione di medio/lungo periodo. Anche attività di teambuilding, analisi valoriali e di clima, accompagnate da modalità comunicative trasparenti e partecipative, potranno essere utili strumenti per ripartire con maggiore forza e consapevolezza.
Già ora sembra che alcune realtà aziendali stiano reagendo meglio di altre in termini di reattività organizzativa e strategie di ripresa. Certo è che alcuni settori, come il digital o l’e-commerce, sono sicuramente più favorevoli di altri. Tuttavia anche la cultura aziendale sembra giocare un ruolo chiave e processi come smart working e procedure di comunicazione digitale non si possono impostare di punto in bianco come anche un employment relationship caratterizzato da reciproca fiducia e autonomia organizzativa. Anche da questa prospettiva può quindi avere origine un ulteriore spunto di riflessione su quali siano i valori aziendali che caratterizzano la propria realtà e quanto validi o rivisitabili possano considerarsi nel panorama attuale.
Cambierà certamente anche l’approccio che le aziende avranno verso l’esterno. Nei confronti dei loro fornitori cercheranno, almeno in una prima fase, di privilegiare rapporti già consolidati e testati nel passato in linea con la tendenza alla prudenza prima citata. Questo favorirà dinamiche cicliche di collaborazione anche se non impedirà di valutarne di nuove. Anche nell’approcciarsi alle aziende a modalità eccessivamente pressanti si dovranno preferire dinamiche che tendano a stabilire relazioni di lungo periodo lontane dal mero rapporto clienti/fornitori per orientarsi verso un approccio consulenziale e di partnership. In quest’ottica sarà sicuramente apprezzato l’aiuto che si riuscirà a dare alle organizzazioni per implementare e superare con successo la fase post crisi.
Anche come attori della nostra realtà aziendale saremo protagonisti attivi di questi cambiamenti organizzativi e ci troveremo di fronte all’esigenza di uniformarci ad un “nuovo trend’’ rispetto a quello pre-covid19, senza ad oggi sapere esattamente quale sarà.
Assisteremo quindi, per cogliere un aspetto positivo, ad un periodo di grande creatività che vedrà la nascita di nuovi strumenti, professionali e personali, emersi per produrre e governare il cambiamento imposto dalla crisi e questo sarà sicuramente un terreno fertile per tutti, organizzazioni e individui, sul quale e dal quale ripartire.