CIDA: Recovery Plan, serve di più

In vista dell’Assemblea CIDA di oggi alle 12, il presidente Mantovani fa il punto su alcuni aspetti chiave per la ripresa

“Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) durerà anni, non mesi, e c’è bisogno di un’organizzazione chiara non solo per la progettazione, ma anche per la fase operativa: vanno potenziate le strutture di controllo dei progetti e quelle deputate a seguire le varie fasi di avanzamento, per le quali ci sono anche molte competenze pubbliche, nei ministeri e nelle società controllate o in house dello Stato. Ma, soprattutto, va fatta chiarezza sulle competenze”. Così si è espresso ieri a nome dei manager italiani Mario Mantovani, presidente CIDA e Manageritalia.

Poi il cenno alla task force: “I manager nella task force per il Recovery Plan? Noi non siamo stati interpellati. In ogni caso, l’inserimento di profili manageriali, anche di grande valore, in un contesto di governance poco lineare, con scarsa chiarezza dei ruoli e delle aspettative, rischia di renderne inutile il contributo e, nel peggiore dei casi, compromettere i risultati del Piano e instaurare un clima di sfiducia”.

E poi continua: “Non è la quantità di progetti che conta ma la qualità. Purtroppo, devo dire che questo governo non ascolta molto: tira avanti diritto a costruire una sua struttura, ma il fatto di avere una struttura separata dal Parlamento non dice nulla sull’organizzazione che si darà al Piano, che è un’occasione di ripresa irripetibile per il nostro Paese”.

CIDA, ricorda Mantovani, “ha presentato al governo le proposte per le priorità da cui partire, in continuità con quanto già avevamo cominciato a fare con il Piano Colao”. E, soprattutto, suggerisce una regola: “Lo Stato si occupi di più servizi pubblici e meno dell’industria e dei settori privati. Invece mi pare che l’orientamento governativo sul Pnrr sia esattamente l’opposto”.

Le macro-aree prioritarie individuate da CIDA seguono le linee guida dettate da Bruxelles: “Digitalizzazione e decarbonizzazione e sostenibilità ambientale, sono le prime due filiere che richiedono investimenti per sviluppo e riconversioni, ma anche il sistema scolastico e formativo è da ripensare. E poi ci sono la sanità, sviluppando la medicina territoriale anche con le risorse del Mes, e la Pubblica amministrazione, che va ridisegnata, anche premiando le competenze e semplificando la macchina amministrativa”.

A tutto questo vanno aggiunte le politiche attive del lavoro. “Nel nostro Paese – spiega Mantovani – c’è una visione poco evoluta del lavoro, ancora troppo low-cost. È un Paese che non favorisce aziende ad alta intensità di conoscenza e se vogliamo avere un futuro sostenibile non possiamo basarci solo su attività a basso valore aggiunto: abbiamo bisogno di più giovani e più laureati al lavoro e abbiamo bisogno anche di riqualificare quelli che al lavoro già ci sono”.

“Non possiamo pensare ancora – aggiunge Mantovani – a sostegni per tenere la gente a casa: dobbiamo formare le persone e renderle pronte a un nuovo lavoro. Il cuore delle politiche attive del lavoro è la formazione, non a caso come CIDA abbiamo un protocollo con Anpal per strutturare progetti di formazione vicini alle aziende”. Ma la formazione è anche materia di competenza regionale. “Purtroppo, per la gran parte, le Regioni hanno fallito. Alcune hanno funzionato meglio e sono state capaci di avviare progetti efficaci, altre hanno perso occasioni importanti. Forse è il caso di pensare ad un assetto variabile –propone Mantovani – in cui lo Stato possa intervenire quando la Regione non riesce nel suo intento”.

Di tutti questi temi si parlerà oggi in un incontro organizzato a margine dell’Assemblea di fine anno della CIDA. “Prospettive future per il lavoro e misure per la ripartenza”: questo il titolo dell’evento che si terrà in diretta streaming sulla pagina Facebook e sul sito www.cida.it giovedì 10 dicembre a partire dalle 12.

Nel corso di un’intervista con l’economista Azzurra Rinaldi e con Monica Parrella, direttrice Hr del Mef, il presidente CIDA Mantovani affronterà tematiche inerenti le competenze necessarie per la ripartenza e le sfide che serviranno per raccordare nei prossimi anni leggi di Bilancio e programmi europei. Nel dibattito si focalizzerà inoltre l’attenzione sull’importanza, per la ripartenza, dei contributi professionali dei manager pubblici e privati.


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