Cavalchiamo l’onda della trasformazione digitale

Tecnologia e business: opportunità e sfide per i prossimi anni. Ne parliamo con il giornalista Gigi Beltrame, fondatore e direttore di BusinessCommunity.it e autore del libro Digilosofia

Oggi siamo nel pieno della trasformazione digitale: dove ci porterà verosimilmente nei prossimi anni?

La trasformazione digitale, come ho cercato di evidenziare le libro, è in corso da diversi anni. Quello che sta accadendo ora è che ci sono delle tecnologie che abilitano una serie di accelerazioni al business come non è mai accaduto nella storia dell’uomo. Un cambiamento radicale, in cui i dati vengono sfruttati dall’intelligenza artificiale e creano nuove opportunità. La produzione non è più basata su elementi predittivi, ossia analisi di mercato, ma prescrittivi: le macchine si occupano alla filiera di approvvigionamento, produzione e logistica. E poi ci sono la stampa 3D, Internet delle Cose, il 5G, il machine learning. Cose che impattano violentemente sulle imprese e lo scontro tra imprese tradizionali e imprese digitali diventa più aspro.

Nel libro “Superintelligenza” di Nick Bostrom si individua la minaccia di un’intelligenza artificiale in grado di superare le capacità umane. Occorrono regole e limiti allo sviluppo delle potenzialità dell’AI?

È necessario porsi delle domande sull’etica dell’intelligenza artificiale, semplicemente perché avrà a disposizione una mole incredibile di dati e vedrà quello che non abbiamo mai visto. Pensiamo alla lotta contro i tumori: già oggi una semplice strumentazione diagnostica dialoga e facilita il compito del medico, ed è una bellissima cosa. Così come esistono sistemi per monitorare se le persone assumono correttamente i farmaci a domicilio. Ma c’è un rischio: nel casi un cui le persone non li prendessero correttamente, potrebbero vedersi penalizzati nell’accedere a determinati ospedali o reparti specializzati. La cosa non è piacevole, ma in alcune nazioni questo sta già avvenendo. Dobbiamo stare attenti a questi risvolti, e ce ne sono già tantissimi anche a livello di business. Uno su tutti, facilmente comprensibile: è un algoritmo a decidere se possiamo accendere un mutuo oppure no!

E quali sono le grandi opportunità che potremo cogliere?

Il più evidente, attualmente, è poter fare dei lavori meno faticosi: i robot di fatto sostituiscono i nostri muscoli. Potremo usare il tempo lavorativo per compiti più cerebrali e creativi. E poi c’è una trasposizione del lavoro, dalle aziende verso i consumatori. Le casse automatiche di un supermercato, per esempio, svolgono una parte del lavoro di un operatore di cassa, che potrà essere impiegato per migliorare i servizi alla clientela e non solo tagliato per motivi di costo. Ma d’altro canto, il lavoro di passare i vari codici a barre è stato trasferito sul cliente. Una rivoluzione silenziosa, ma evidente!


Il mondo del lavoro e il digitale: dobbiamo prepararci ad altre grandi rivoluzioni?


La fabbrica automatica è una realtà da anni. Quello che cambia e continuerà a cambiare è la parte di progettazione. Oggi, anche una catena di montaggio viene costruita in virtuale, in digitale. La simulazione diventerà parte integrante di ogni processo produttivo. Nel libro scrivo di Dallara che usa la tecnologia per poter sbagliare più velocemente. È chiaro, più possibilità di errori che non impattano sul business – perché non si è ancora creato nulla – hanno un valore enorme, in termini di risparmio di investimenti, ma soprattutto di tempo. Considerando che la velocità nel business moderno è determinante per il raggiungimento del successo. C’è un altro aspetto: il valore dei dati. La privacy è già cambiata rispetto al passato, ce ne siamo accorti con i social o con l’accettazione dei termini d’uso dei dispositivi. I nostri dati privati, in un futuro non troppo lontano, potrebbero essere remunerati da chi gestisce i servizi. Non è un cambiamento banale: nascerà una nuova forma di economia.


Come il digitale impatterà sul mondo del lavoro?

L’impatto sarà dirompente. Ma già oggi ci rendiamo conto che il patto sociale è totalmente da ripensare. Per non parlare del fatto di su chi ricadrà l’errore di un’intelligenza artificiale del tutto autonoma. Faccio un esempio concreto: se un’automobile a guida autonoma investisse un pedone, la colpa ricadrà sul proprietario o sulla casa automobilistica?


Qual è il ruolo dei manager per accompagnare i lavoratori in azienda a sfruttarlo per lavorare meglio e al meglio?

Il manager ha il compito ingrato di dover restare al passo coi tempi, ma soprattutto riuscire a far legare le nuove generazioni di lavoratori, i nativi digitali, con chi ha grande esperienza di business. Su questa contaminazione di esperienza si baserà il successo futuro dei prodotti e servizi.


Come cambierà il ruolo del manager? Gestirà sempre più robot o c’è il rischio che questi prenderanno il suo posto?

Molte operazioni verranno automatizzate: già oggi la business intelligence aiuta i manager a prendere decisioni migliori. Più dati, più informazioni a disposizione agevolano le decisioni. Qualche figura intermedia rischierà di venire spazzata via, ma non dimentichiamo che il manager non è solo un gestore di risorse, e i robot rientrano in questa categoria, ma anche un indicatore di rotte e strategie. I computer, ancora per un po’, faticheranno a sostituire del tutto i manager, forse non riusciranno mai perché il lavoro dei manager cambierà.


La digilosofia che dà il titolo al suo libro è anche un mindset, un approccio omnicomprensivo al digitale? In che termini?

Quando si parla di tecnologia informatica avviene un fenomeno strano, un po’ come per la matematica: molti non si sentono portati alla materia. La digilosofia è una provocazione linguistica, ma è stata concepita come una base di informazioni necessaria a comprendere il funzionamento del mondo del business attuale. Tutti conoscono Dante, pochi sanno recitare una terzina della Divina Commedia e così deve essere per la tecnologia: conoscere a grandi linee gli argomenti, per poi lasciare il campo agli esperti in azienda, ma è una regola che valeva ieri e che vale tutt’ora. Un manager probabilmente conosce le tematiche legali o commerciali, ma per implementare una certa procedura necessita dell’avvallo di un legale e di un commercialista specializzati.

La formazione oggi è adeguata ai cambiamenti in atto?

La formazione oggi fatica ad accompagnare la trasformazione digitale, al punto che sul mercato mancano tante figure necessarie a realizzare i progetti. Ci sono molte best practice anche nelle aziende italiane, ma spesso mancano le figure che possano portare avanti i progetti. Questo è un freno non tanto all’innovazione, quanto al business, che non potendo cogliere determinate opportunità, resta ancorato alle procedure del passato.

Che cassetta degli attrezzi darebbe a un giovane per affrontare al meglio quello che potrebbe accadere nei prossimi anni?

La domanda del secolo. Una solida preparazione sugli argomenti che ha studiato, una predisposizione al digitale e a esplorare nuove opportunità, la capacità di mettere in discussione quello che si sta facendo tutti i giorni. Sempre per citare il caso di Dallara, hanno realizzato un simulatore di auto da corsa create da giovani appena laureati, dove ingegneri iperspecializzati hanno fallito. Non erano più bravi o intelligenti: semplicemente non erano preoccupati del fatto che si riteneva impossibile realizzare l’impresa. Hanno provato. Oggi si può realizzare quanto era fino a ieri inimmaginabile. Bisogna prepararsi a cogliere queste opportunità e a valutare i rischi. Nelle varie “leggi” della mia digilosofia, ce n’è una fondamentale: non conta quanti problemi riesca a risolvere l’innovazione digitale, bensì quali pone nella nostra organizzazione o nella nostra vita. Non dobbiamo dimenticarcelo.

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