Buste paga 2022: lo stato dell’arte

Variazioni, settori e trend in un mercato che ha visto cambiamenti rispetto agli anni scorsi

Parlare di stipendi in questo periodo non è cosa semplice. Nel 2022, in particolare, sono due le chiavi di lettura fondamentali per valutare lo stato dell’arte delle retribuzioni italiane: l’inflazione schizzata verso l’alto, come non si vedeva dagli anni 80 e, forse prima di tutto, una fase di profonda trasformazione del mercato del lavoro, dovuta non solo alla forte crescita post pandemia, ma anche al fatto che questa ha portato persone e aziende a ripensare profondamente il proprio approccio rispetto al lavoro. La crescente insoddisfazione dei lavoratori verso i modelli di lavoro tradizionali e la difficoltà da parte delle aziende a reperire risorse sul mercato, non più solo ad alto contenuto specialistico ma anche a quelle più standard, rendono il mercato di oggi estremamente complesso e tutto da interpretare.

La dinamica retributiva del 2022: trend positivo
In questo contesto di mercato, la dinamica retributiva del 2022, secondo lo studio condotto dall’Osservatorio JobPricing per Manageritalia, si differenzia da quella degli anni precedenti, caratterizzati da una diffusa stagnazione. Nell’ultimo anno le retribuzioni medie sono infatti tornate a crescere con tassi tangibili (+3,4%) e ciò è avvenuto anche per le fasce di popolazione lavorativa manageriale. Le categorie impiegatizie e operaie sono le principali beneficiarie di questo andamento (rispettivamente +4,3% e +3%), in conseguenza di vari aspetti che hanno caratterizzato il mercato, in particolare nel secondo semestre del 2022: tra di essi, i principali sono una dinamica di mercato significativa in termini di flussi di domanda e offerta, dei minimi tabellari della quasi totalità dei principali contratti collettivi e inflazione molto elevata.

Il trend di dirigenti e quadri è invece meno consistente, seppur positivo, rispetto a quello rilevato per impiegati e operai: +1,7% e +2%. Tuttavia, come anticipato, per i dirigenti in particolare questa crescita rappresenta un punto di rottura rispetto agli anni precedenti: nel periodo 2015-2022, il trend complessivo dei dirigenti è stato infatti negativo, pari a -0,8%. Questa dinamica potrebbe essere legata a un cambiamento occupazionale tra la popolazione dei dirigenti: i dati degli ultimi anni mostrano un progressivo ringiovanimento della categoria, con numerosi ingressi a retribuzioni inferiori rispetto a quelle applicate ai predecessori.

Le retribuzioni dei quadri stanno invece sperimentando una tendenza positiva, costante e continua dal 2015 ad oggi. Le ragioni potrebbero essere da una parte la presenza sempre maggiore di lavoratori ad alta qualifica tecnica che, non gestendo persone (o gestendone poche), non diventano dirigenti, ma essendo dei profili elevati e potenzialmente difficili da sostituire vedono le loro retribuzioni crescere più velocemente; dall’altra, l’effetto di cambiamenti strutturali nell’atteggiamento delle aziende che tendono ad affidare più responsabilità ai quadri, pagandoli anche di più rispetto al passato. In ultimo, una concausa potrebbe essere la ricollocazione dei dirigenti usciti negli ultimi anni dalle aziende, che spesso sono costretti ad accettare un inquadramento più basso, ma grazie alla loro esperienza riescono a spuntare una retribuzione sopra la media.

La componente variabile
La retribuzione media di un dirigente nel 2022 è pari a 103.418 euro lordi annui, quella di un quadro è pari a 55.632 euro. La componente variabile dei manager, a integrazione della retribuzione fissa, è pari a 17.052 euro per i dirigenti, che nel 2022 hanno percepito una quota variabile (quasi due su tre), mentre la quota media percepita dai quadri è di 4.406 euro (spettante a oltre il 53%). Il 2022 ha rappresentato un punto di svolta rispetto agli anni precedenti anche sul lato della retribuzione variabile: la quota di percettori è tornata a crescere dopo gli anni di pandemia, seppur lievemente. Di contro, la quota media percepita da coloro che hanno beneficiato di una quota variabile è calata rispetto al 2021, sia per i dirigenti sia per i quadri (tabelle 1, 2 e 3).

Benefit e quota welfare
Prendiamo in considerazione i benefit, ormai ampiamente diffusi nel mercato (l’80% dei dirigenti e il 72% dei quadri oggi ne possiede almeno uno), al di là delle logiche che governano i piani welfare, per i quali il panel di servizi offerti è diventato nel tempo estremamente ampio e diversificato. È cresciuta notevolmente, anche per i manager, la diffusione di benefit legati alla dimensione sanitaria, assistenziale, medica e assicurativa, on top rispetto alle opportunità offerte dai diversi ccnl. Non ultima, oggi la quota di welfare a beneficio di un manager inizia ad assumere un peso significativo nel compensation mix, in termini di accesso ai piani (oltre la metà dei quadri ne beneficia, per i dirigenti la percentuale si ferma al 33%), ma anche di quota media percepita (tabella 4).

Dimmi dove lavori e ti dirò il tuo stipendio giusto
Nel mercato sono i servizi finanziari il settore che “paga meglio” i manager, sia tra i dirigenti sia tra i quadri. L’agricoltura, invece, rimane il settore con la retribuzione media manageriale più contenuta. Negli ultimi sette anni fra i dirigenti i settori industriali hanno tenuto meglio rispetto a quelli del commercio e dei servizi, i cui livelli retributivi non sono cresciuti (in particolare nel commercio). Fra i quadri, invece, i segmenti del commerciale e dei servizi finanziari sono quelli con la crescita retributiva più elevata (tabella 5).

Oltre al settore, il fattore che “pesa” maggiormente in termini di differenza di stipendio medio è la dimensione dell’azienda: il delta fra una microimpresa e una grande è di oltre circa 12.000 euro lordi nel caso dei dirigenti e di circa 7.000 euro lordi nel caso dei quadri. Tuttavia, osserviamo come l’ultimo anno sia stato maggiormente benevolo per i manager delle piccole realtà, i cui stipendi sono cresciuti maggiormente rispetto ai manager di medie e grandi aziende. Questo trend è confermato anche nel lungo periodo tra i dirigenti, mentre tra i quadri l’appartenenza ad aziende più grandi non solo è più redditizio, ma anche i trend sono stati più consistenti.

La retribuzione dei manager, quindi, aumenta al crescere della dimensione dell’azienda, dinamica rilevata storicamente nel mercato retributivo italiano. Si può tuttavia osservare una differente gradualità fra le due qualifiche manageriali: il livello retributivo dei quadri è ben inferiore nelle piccole imprese, ma dalla media impresa in su si stabilizza su un livello di 55/56mila euro lordi annui, mentre fra i dirigenti esiste una netta separazione tra i livelli retributivi delle piccole (intorno ai 98mila euro), medie (tra 103 e 105mila euro) e grandi imprese (circa 110mila euro lordi annui, tabella 6).

Posizioni manageriali
Prendendo in considerazione la famiglia professionale, escludendo il vertice aziendale da questa analisi (il cui stipendio fisso in media si attesta a circa 117mila euro lordi annui), le funzioni del marketing e delle vendite sono quelle in cui i dirigenti sono in media meglio retribuiti, intorno ai 102mila euro lordi annui, con le funzioni legate alle operations che presentano livelli complessivamente più bassi rispetto alle funzioni di sales e staff. Le retribuzioni, tuttavia, sono in media più livellate rispetto al recente passato.

Un livellamento è visibile anche tra i quadri, con valori in media tra 53mila e 56mila euro, dal quale si distingue solamente la funzione vendite, quella meglio remunerata nel mercato (oltre 59mila euro lordi annui). I ruoli manageriali legati all’area vendite si distanziano in positivo dalle altre funzioni anche per la quota di retribuzione variabile percepita, sia che si tratti di dirigenti sia di quadri (tabella 7).

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