C’è l’operatore telefonico che rende quasi impossibile disdire il contratto, lo smartphone che offre una memoria inferiore a quella dichiarata oppure il tour operator che spaccia per un resort di lusso il cantiere a cielo aperto. I casi di (piccole e grandi) scorrettezze (se non vere e proprie truffe) ai danni dei consumatori sono innumerevoli. Talvolta – come nel caso di Wolkswagen o, più di recente, del bagarinaggio online dei biglietti dei concerti – assurgono agli onori della cronaca. Più spesso restano nell’ombra.
Sinora la class action – ovvero l’azione collettiva che consente di attivare un unico processo per ottenere il risarcimento del danno subito da un gruppo di cittadini danneggiati dalla stessa azienda (esclusa la pubblica amministrazione) in una situazione omogenea – non sembra aver dato grandi risultati. Solo il 2% delle cause intentate è stato chiuso con un risarcimento ai consumatori. Insomma, nulla a che fare con quanto accade negli Stati Uniti, dove la class action è uno strumento efficace, guardato con terrore dalle aziende.
Anche da noi, però, qualcosa sta finalmente cambiando. Lo dimostra la vicenda che ha di recente visto contrapposte Altroconsumo (associazione per la tutela dei consumatori) e Samsung, accusata di offrire – in alcuni modelli – una memoria ben inferiore a quella dichiarata. A febbraio il tribunale di Milano ha accolto la class action promossa dall’associazione: chi ha acquistato uno smartphone o tablet nel periodo tra agosto 2009 e dicembre 2014 potrà richiedere un rimborso. Speriamo non resti un caso isolato…