I comunicatori in Italia

settembre 2023
Comunicatori: sfide ed esigenze di un ruolo in evoluzione - L'indagine di AstraRicerche per Manageritalia Executive Professional

Puntare sulla creazione di una forte rete di relazioni, sulla certificazione delle competenze e la rappresentanza professionale e sociale per contare di più nel mercato del lavoro: i risultati dell’indagine di Manageritalia Executive Professional.

La ricerca, il campione

La ricerca condotta da AstraRicerche per Manageritalia ha coinvolto 719 comunicatori in Italia (interviste on line tra luglio e fine agosto 2023). Il campione è quasi perfettamente bilanciato per genere (51.3% uomini), ben composto per fascia di età (28.8% sotto i 45 anni, 42.0% sopra i 54), sbilanciato verso il Nord Ovest (44.5%) coerentemente con la maggior diffusione dei professionisti in questa area (per la maggior presenza di agenzie e studi professionali).

Circa metà del campione ha un ruolo superiore (titolare di studio 13.9%, amministratore o consigliere di società di capitali 14.2% o dirigente 24.3%), mentre la restante parte è bilanciata tra dipendenti (25.2%) e collaboratori/consulenti (20.1%). Il campione, inoltre, è molto variegato in termini di retribuzione lorda annua: il 20.0% non raggiunge i 30mila €, il 20.7% supera i 90mila €.

Il mondo della comunicazione oggi e domani

Secondo il campione la comunicazione continua ad affrontare una lunga e difficile transizione: se da un lato è sempre più strategica per le organizzazioni (96% – ‘molto’ ben 79%) dall’altro serve innalzare il livello di professionalità:

  • rivolgendosi a veri professionisti (96%, molto 77%)
  • con una maggiore cultura della qualità, che i committenti non sanno valutare (84%, molto 49%)
  • colmando il divario tra mondo della formazione e richieste del mercato (85%, molto al 40%)

 

Il problema è anche nella presenza di troppi soggetti che si dichiarano comunicatori senza avere le necessarie competenze (per più di 9 su 10, con il 56% che indica ‘molto’).

Non mancano altri problemi: la separazione tra comunicazione (aziendale, politica, …) e informazione ormai ‘saltata’, senza rispetto delle regole deontologiche (81%, molto per il 38% – sono più critici gli impiegati e in generale chi ha un reddito basso), il gender gap (avvertito da uno su due: ma lo indica il 64% delle donne e solo il 36% degli uomini) e l’intelligenza artificiale che, per ora, è avvertita come uno strumento utile a svolgere l’attività professionale (61%) ma con il rischio che metta in discussione posti di lavoro (più altrui – 41% – che il proprio – 8%, ma presso i redditi inferiori a 20mila € all’anno si sale al 18%).

Tra networking, rappresentanza e servizi

Gli intervistati manifestano molte necessità differenti per gestire il proprio percorso professionale e per svilupparlo. Se la parola-chiave è networking (per cogliere opportunità – 89% – o per scambio professionale – 88%, soprattutto presso le figure più elevate), elevati sono i dati anche per la rappresentanza (“qualcuno che ci rappresenti e difenda il nostro ruolo nell’economia e nella società”: 73% – soprattutto presso le figure meno elevate), il welfare integrativo (70%) e la copertura dai rischi professionali (68%). Eppure, solo il 32% degli intervistati è iscritto a una associazione professionale mentre il 70% afferma (molto o abbastanza) che è necessaria un’associazione dedicata alla valorizzazione, tutela e difesa della professione del comunicatore in Italia.

Competenze oggi, competenze domani

Andiamo più a fondo: per più di 4 su 5 (85%) le proprie competenze devono crescere nei prossimi 3-5 anni, per il 63% serve certificarle e per il 66% fare un percorso di formazione specifico che porti alla certificazione.

D’altra parte, le competenze attuali non sembrano correttamente valutate dal mercato: solo il 60% afferma che le proprie competenze siano pienamente utilizzate nella propria attività lavorativa e il 54% che siano riconosciute (con valori peggiori tra le donne, tra i più giovani e – fortemente – nella fascia di reddito inferiore): i comunicatori avvertono di poter fare di più con le proprie competenze ma anche che queste stesse dovranno cambiare/essere integrate nel futuro a breve o medio termine. Inoltre, solo 4 su 10 affermano che il reddito è coerente con l’impegno richiesto.

Cerca