Il bilancio del sistema previdenziale

È stato presentato il 17 febbraio, alla Camera dei Deputati, il terzo Rapporto su “Il bilancio del sistema previdenziale italiano. Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza per l’anno 2014”, a questo link approfondimenti e downloadIl Rapporto rappresenta l’ideale continuazione delle pubblicazioni realizzate dal Nucleo di Valutazione della Spesa Previdenziale, fino a quando è stato attivo, ed oggi è curato da Itinerari Previdenziali, presieduto da Alberto Brambilla. 
 
Gli esperti del Comitato Tecnico Scientifico di Itinerari Previdenziali hanno presentato un quadro delle variabili macroeconomiche e demografiche che influenzano gli andamenti previdenziali. L’Italia sta vivendo un continuo declino delle nascite. 
 
Dal 2014 sono scese a meno di 500 mila, creando squilibri straordinari nella struttura per età della popolazione. Oggi abbiamo all’incirca 770 mila sessantenni e 580 mila ventenni. Cifre assai lontane dall’assicurare un pieno ricambio generazionale, particolarmente importante dal punto di vista previdenziale in un sistema a ripartizione come il nostro. Nello stesso tempo il saldo migratorio è sì numericamente positivo, ma ridotto, e qualitativamente negativo. Inoltre anche la crescita nella longevità si riflette sul sistema pensionistico. 
 
Una proposta del professor Antonio Golini, di fronte alle tendenze in atto, comprese quelle sul lavoro, sempre più labor saving, è quella di immaginare un nuovo e diverso contratto sociale, in base al quale continuare a lavorare tutti, dopo l’età della pensione, non più per il mercato, ma per il terzo settore, dando sostegno e aiuto a chi ne ha bisogno. Ricevendolo in cambio quando si diventa bisognosi di aiuto. 
 
Sono poi stati esaminati gli andamenti delle gestioni pubbliche, in termini di entrate contributive e di spese per prestazioni, in particolare le prestazioni assistenziali e l’impatto sulla spesa a carico della fiscalità generale. Il Rapporto ha operato una riclassificazione organica delle voci del bilancio previdenziale, permettendone una lettura più completa. 
 
Nel 2014 la spesa pensionistica ha raggiunto i 216.107 milioni di euro mentre le entrate contributive sono state pari a 189.595 milioni di euro per un saldo negativo di 26,512 miliardi. Se tuttavia vogliamo calcolare la “spesa pensionistica previdenziale” cioè quella supportata da contributi realmente versati dobbiamo riclassificarla: sottraendo la quota GIAS a carico dello Stato e le imposte che lo Stato incassa direttamente, si riduce a 173.207 milioni. A questa cifra, se separassimo davvero l’assistenza dalla previdenza, come Manageritalia propone da anni (se ne parla anche qui) la spesa per pensioni previdenziali si attesterebbe a 163.313 milioni. Trascurando le integrazioni al minimo scopriamo tuttavia che il bilancio previdenziale è quasi in pareggio, con un leggero passivo di 560 milioni
 
È vero che il 40% delle prestazioni è inferiore ai mille euro al mese ma non sono pensioni; sono prestazioni assistenziali, non previdenziali. 
 
Interessante è il rapporto tra numero di prestazioni in pagamento e numero dei pensionati; in pratica ogni pensionato (ogni testa) riceve in media 1,434 prestazioni il che porta la pensione media da 11.695 euro annui a 16.638 euro, ben al di sopra dei mille euro al mese. 
 
Altro dato fondamentale per la tenuta del nostro sistema pensionistico, che funziona secondo lo schema della “ripartizione”, è il rapporto tra occupati e pensionati che, nel 2014, è pari soltanto a 1,379 attivi per pensionato. Infine, il rapporto tra numero di prestazioni in pagamento e popolazione indica che è in pagamento una prestazione ogni 2,607 abitanti; in pratica una prestazione per famiglia il che fa capire quanto sia sensibile, in Italia, l’argomento pensioni. 
 
Le donne rappresentano il 52,9% dei pensionati e percepiscono assegni di importo medio annuo pari a 14.283 euro contro i 20.135 euro degli uomini; poco meno della metà delle donne (49,2%) riceve meno di mille euro al mese, a fronte di circa un terzo (30,3%) degli uomini. I titolari di pensioni ai superstiti sono 4,3 milioni, di cui il 70% circa sono donne. 
 
La presenza di rappresentanti del Governo è servita a rassicurare sul fatto che non ci sarà alcun intervento sulle pensioni di reversibilità: lo ha confermato il Vice ministro dell’Economia, Zanetti, affermando che un intervento in materia non è né necessario né opportuno. 
 
Nessun tipo di intervento sulle pensioni di reversibilità l’avevano confermato anche il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti (qui) ed il Ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan (qui) secondo i quali la proposta di legge delega del Governo lascia esplicitamente intatti tutti i trattamenti in essere e quelli futuri. 
 
L’On. Cesare Damiano ha garantito, in quanto presidente della Commissione Lavoro della Camera, che il suo impegno è indirizzato a stralciare dal disegno di legge delega sul contrasto alla povertà, la parte relativa alla previdenza.
 
Il Vice Ministro Enrico Zanetti ha anche affermato che, per quanto riguarda il suo dicastero, la flessibilità delle pensioni non è la prima priorità, in quanto è seconda alla necessità di tutelare chi non ha né lavoro né pensione, a meno di non decidere di finanziare il conseguente aumento della spesa pensionistica con la fiscalità generale (ha però assolutamente escluso l’idea di ricorrervi). 
 
Per concludere, il Rapporto ha dimostrato che il nostro sistema, grazie alle numerose riforme che si sono susseguite nel corso degli ultimi anni, è stato stabilizzato e messo in sicurezza. Ciò dovrebbe indurre a maggiore prudenza coloro che propongono ulteriori penalizzanti riforme o tagli alle pensioni.

Facebook
LinkedIn
WhatsApp

Potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca