
C’è chi, inoccupato, aveva sostenuto l’ultimo colloquio di selezione a metà febbraio e tutto faceva pensare a una imminente assunzione, ma poi l’azienda reclutante si è come volatilizzata. C’è chi, in carriera, aveva trovato una nuova strada, si voleva buttare, dimissioni già imbustate, ma poi si è bloccato, ha tenuto caro quel noioso posto di lavoro ma che dà una inconfutabile stabilità economica. C’è chi, infine, ha visto esplodere le richieste per la propria figura professionale, ma non ha il coraggio di esultare perché si domanda “durerà?”. Da inizio marzo il mercato del lavoro si è prima bloccato, quasi sotto shock, poi stravolto, ora attraversiamo un limbo che promette ondate di licenziamenti. Al contempo si sono modificate moltissimo anche le modalità di recruiting e, forse, non è da tutti sostenere con disinvoltura un colloquio in videochiamata o peggio ancora semplicemente telefonico. Abbiamo cercato di fare chiarezza sul settore con Cristina Spagna, managing director Kilpatrick Group. Con un occhio di riguardo ai manager e alle skills a loro più richieste.
Come è cambiato il mercato del lavoro e come si è evoluto man mano che attraversavamo le varie fasi dell’emergenza, da febbraio a oggi?
«Il 2019 si è chiuso positivamente, secondo le statistiche ufficiali Istat, con un numero di occupati in Italia al massimo storico e quindi anche l’anno 2020 è iniziato con un’ondata positiva, ma le misure di contenimento contro il virus hanno creato uno shock che ha coinvolto sia l’offerta, dovuta alla sospensione delle attività di molte imprese, sia la domanda, per la contrazione di consumi e di redditi. Il giudizio delle aziende sul futuro e sulle attese di occupazione per i prossimi mesi purtroppo non è positivo per la maggior parte dei settori, specialmente quello manifatturiero e dei servizi. L’emorragia occupazionale in questi mesi in Italia è stata contenuta dai vigenti ammortizzatori sociali, ma ci aspettiamo un flusso importante di licenziamenti appena le limitazioni verranno tolte».
Quali saranno le figure manageriali più richieste post-Covid?
«La ricetta delle aziende per i prossimi mesi è il “cambiamento”. Le imprese che non hanno manager adeguati a traghettare le aziende fuori da questa emergenza economica si troveranno a un bivio: continuare a riporre fiducia nella vecchia gestione o azzardare al nuovo e ricercare nuovi manager più adatti ad affrontare temi di change, di internazionalizzazione e digitalizzazione. In Kilpatrick stiamo notando richieste che vanno in questa direzione, così come la crescita di domanda di Hr manager evoluti e adeguati al momento. Chi ha dovuto affrontare questo periodo senza un Hr bravo ha sofferto e soffrirà non poco. Rimane il trend di crescita relativo alle professioni della nuova era digitale. Per quanto riguarda, invece, il middle management, le figure di data scientists, digital innovation specialists, data analytics specialists e tutto ciò che ha a che fare con la trasformazione digitale dei business e delle aziende è in continua crescita. Il retail si sta trasformando sempre di più in e-commerce e quindi le figure con tali competenze, oltre a quelle che operano in ambito di supply chain, sono particolarmente richieste, perché le aziende si stanno attrezzando rivedendo la politica dei fornitori e la logistica distributiva».
Quali sono le skills più richieste dal mercato?
«I manager non hanno un manuale di istruzioni per gestire questo momento, ma sono chiamati a decidere velocemente in base all’intuizione, più che su analisi e dati oggettivi. Il mercato in questo momento ha bisogno di persone in grado di ricercare e perseguire soluzioni di business volte a portare risultati concreti e duraturi. Spesso ai manager viene chiesto di intraprendere percorsi inusuali fornendo il loro contributo per trovare o creare nuove opportunità. È importante saper leggere i segnali del mercato e interpretarli per guidare l’azienda verso scelte più sicure e produttive e spesso i manager devono uscire dalla propria area di confort. La digital transformation, poi, non è più solo uno slogan o un pensiero, ma è il presente e richiede skills adeguate. Ai manager sono richieste anche doti di flessibilità ed elasticità mentale, resilienza, responsabilità, coraggio e proattività. Infine, il tema caldo del momento è la gestione del cashflow e quindi la sensibilità al numero è fondamentale per supportare imprenditori e board».
Come sono cambiate le modalità di fare recruiting?
«L’emergenza Covid ha dato una “scossa” al modo di fare selezione in Italia. Da anni Kilpatrick lavora su ricerche internazionali in varie parti del mondo e la maggior parte dei paesi avevano già implementato processi completamente virtuali. In Italia, le aziende che mal digerivano la non fisicità dei processi, sono state costrette a operare con questa modalità e sono rimaste piacevolmente sorprese dalla efficacia del metodo. In questi mesi abbiamo gestito con successo processi di selezione totalmente virtuali. I candidati erano e sono più liberi e disponibili a rispondere alle nostre chiamate e mettersi in gioco per nuove opportunità. Certo è che, quando si arriva al momento della scelta, molti sono impauriti e alcuni non riescono a fare il salto. La novità, inoltre, è che la maggior parte dei candidati richiede nel pacchetto offerto dall’azienda giornate di smartworking anche per il futuro».
Selezioni da remoto: pro e contro per il candidato e per il selezionatore.
«Abbiamo ormai dati derivanti da tante ricerche fatte negli anni all’estero (ed ora anche in Italia) per dichiarare che non esiste alcuna controindicazione a rendere virtuale il processo di selezione. Certo, è necessario che sia il selezionatore che il candidato dedichino all’intervista il giusto tempo, che si presentino in modo professionale con una buona connessione. In questi mesi le persone hanno avuto modo di allenarsi a muoversi con professionalità nel mondo delle video conferenze e hanno imparato a cogliere meglio le sfumature. È sempre bello poter stringere la mano di una persona, ma si può creare un rapporto di fiducia e duraturo anche in modalità digitale».
Sulla base della vostra esperienza, le aziende che stavano assumendo prima dell’emergenza si sono fermate, stanno proseguendo le selezioni così come avevano programmato o, ancora, le stanno proseguendo dopo aver modificato qualcosa nei parametri delle figure ricercate?
«Dipende molto dal tipo di figura ricercata. Per quanto riguarda professionalità che hanno un forte impatto sul business e che sono chiamate ad apportare competenze e cambiamenti nelle organizzazioni, allora le aziende stanno comunque proseguendo la loro ricerca come da programma e, anzi, in alcuni casi con più urgenza. Si sono invece fermate tutte le selezioni non prettamente necessarie».
Dal vostro punto di vista internazionale, ci sono al momento differenze tra l’andamento del mercato in Italia, Europa e resto del mondo?
«Ci sono delle enormi differenze. Alcuni paesi, come Spagna e Uk, sono in sofferenza e più simili all’Italia mentre, nella maggior parte dei casi, i nostri uffici esteri registrano un andamento del mercato del lavoro più fluido. Il Nord Europa, per esempio, si sta muovendo attivamente su selezioni di personale e l’America mantiene la sua caratteristica di un mercato del lavoro fluido, nel bene e nel male. La maggior parte dei paesi non hanno bloccato l’economia e, nonostante le difficoltà sanitarie, hanno meno rigidità nei meccanismi burocratici del mercato del lavoro rispetto al nostro paese».