Online luxury: non ci siamo

Le vendite online dei brand del lusso aumentano. Eppure, i grandi marchi premium sembrano non essersene accorti. O, almeno, non dedicano la necessaria cura al customer web-journey. Lo dice chiaramente uno studio condotto da ContactLab in collaborazione con Exane BNP Paribas: solo nella metà dei casi i luxury brand sono in grado di offrire al consumatore un’esperienza adeguata al loro posizionamento.

L’indagine – che ha preso in considerazione 25 marche di lusso (tra le quali Gucci, Louis Vuitton, Prada, Burberry, Hermes, Cartier, Tiffany, Armani) e 4 e-tailers  (Mr.Porter, Net-a-Porter, Luisaviaroma, MyTheresa) – evidenzia criticità a più livelli. Si va dalla gestione delle email di benvenuto, che non sempre sono personalizzate con il nome oppure differenziate in base al sesso del cliente, al confezionamento dei prodotti, che spesso non è curato in maniera adeguata.

In questo quadro spiccano alcuni nomi in controtendenza. Di fatto, secondo lo studio, il brand che offre un’esperienza online più simile a quella che i consumatori trovano nel negozio fisico è Fendi, seguito da Cartier e Mr. Porter. Il fatto che il primo posto vada a un marchio  entrato di recente nell’e-commerce non è casuale: il brand, che fa capo al gruppo LVMH, ha avuto tempo e modo di fare tesoro dell’esperienza altrui e di applicare le best practice. La maglia nera tocca, invece, a Tiffany, preceduto da due griffe italiane: Prada (al 28° posto) e Ferragamo (27°).

La ricerca mostra, inoltre, come gli e-tailer ottengano valutazioni tendenzialmente migliori dei punti vendita monomarca. Tre di essi si collocano nella top ten, mentre il quarto (il fiorentino Luisaviaroma) è al 13° posto. Il motivo è semplice: per queste aziende l’ecommerce rappresenta la fonte primaria (se non l’unica!) di business e, pertanto,  su di esso concentrato investimenti e risorse.

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