
Partiamo da una domanda “facile”: cosa significa oggi essere presidente della Federazione dei manager del terziario?
«Non è una domanda facile, perché i manager del terziario sono una popolazione molto variegata: ci sono trentenni in società in crescita, manager del fintech, persone di grande esperienza in settori più tradizionali e infine manager che lavorano in settori al momento in grave difficoltà come il turismo. Rappresentiamo un mondo molto diversificato di manager in attività, pensionati e che operano come professionisti. Quindi, oggi essere presidente di Manageritalia significa conoscere questi mondi, saperli leggere, saper ascoltare i nostri associati e interpretare il tutto in maniera unitaria per promuovere l’identità plurale della nostra categoria».
Quali sarebbero stati i piani per il quadriennio a venire e qual è, invece, il piano B (anzi C, come coronavirus)?
«I piani sono necessari, perché senza piani non si va da nessuna parte, ma normalmente non si verificano mai. Questo però è un caso eclatante effettivamente! I piani avrebbero previsto un incremento delle attività legate agli eventi, alla contaminazione con altri mondi attraverso la partecipazione di esperti e allo scambio di idee tra colleghi: tutte attività che prevedono una forte intensità di collaborazione e incontri fisici. Noi speriamo che ritorni questo momento, perché, proprio oggi che il lavoro a distanza premia l’efficienza di chi riesce a non essere interrotto, come avviene spesso nelle attività d’ufficio, d’altro canto porta anche la necessità di avere delle interazioni di qualità. Speriamo, dunque, che questa fase venga superata e che questo programma originario possa essere ripreso».
Manageritalia lo scorso anno ha fatto un ottimo lavoro sul proprio futuro al Congresso: come si sono modificate in questi mesi le priorità che erano state individuate nei campi di Trasformazione del mondo del lavoro, Welfare, Sindacato a km0 e Conoscenza?
«Credo che abbiamo mostrato una capacità quasi profetica della nostra Organizzazione, perché questi quattro temi al giorno d’oggi sono ancora più prioritari di quando li abbiamo immaginati. Pensiamo alle trasformazioni del mondo del lavoro, avvenute a una velocità che non ci aspettavamo, senza cancellare le esigenze di cambiamento già presenti, ma enfatizzandole attraverso l’uso diffuso del lavoro a distanza. Pensiamo a quanto è importante fare una riflessione profonda sul nostro Welfare, nel quale devono essere inclusi a tutti gli effetti gli strumenti di sostegno alle discontinuità professionali, ma anche quelli legati alle esigenze formative. Il tema della Conoscenza ha investito fortemente i nostri giovani, ma anche tutti i colleghi che hanno visto interrompersi un percorso di qualificazione professionale nell’incertezza di cosa sarà domani. E, inevitabilmente, anche il tema del Sindacato a km0 assume una grandissima rilevanza: mai come oggi dobbiamo cercare di essere vicini ai nostri colleghi nelle aziende».
Manageritalia rappresenta diversi contratti: commercio, logistica, turismo… quali settori sono più in sofferenza in questo momento e su quali invece è possibile agire più facilmente o almeno più rapidamente?
«Il turismo è sicuramente il settore che ha subito i danni più pesanti e in alcuni casi permanenti, perché mentre il turismo leisure ha comunque prospettive di recupero, il turismo cosiddetto business probabilmente non tornerà più ai livelli di prima. Ci siamo abituati a fare riunioni a distanza e quindi i tanti treni veloci e alberghi che vivono di trasferte di lavoro vedranno ridursi la loro attività. Poi ci sono altri settori, tra cui molti di tipo commerciale, che hanno visto sviluppare nuove iniziative: a parte il caso Amazon, l’e-commerce ha sicuramente avuto un’accelerazione; ci sono settori di servizi finanziari che stanno crescendo… insomma, abbiamo una fotografia a macchia di leopardo. È chiaro che occorre sostenere le iniziative che hanno un potenziale di crescita e di sviluppo maggiore, senza dimenticare però che i settori più tradizionali necessitano di una cura particolare per non perdere capacità di servizio e knowhow accumulato nel tempo».
Come va la relazione con Confcommercio al momento? Ci sono novità in vista per il rinnovo del ccnl?
«In questo momento difficile stiamo sviluppando una visione comune di problemi e necessità e anche di quanto sia importante investire su managerialità e competenze. Il programma “Manager e imprese” che stiamo portando avanti con Confcommercio lo testimonia.
Per quanto riguarda il rinnovo del contratto, non sarebbe il momento migliore per affrontarlo: immaginiamo che le aziende non abbiano disponibilità economiche per migliorare i servizi. Crediamo, però, di avere una storia di innovazione e forse il momento migliore per introdurre innovazioni feconde è proprio questo. Quindi ci siamo già incontrati, abbiamo espresso insieme a Confcommercio la volontà di riaprire i tavoli del contratto e di lavorare sull’innovazione per giungere in tempi non eccessivamente lunghi alla firma del nuovo contratto».
Che sindacato è Manageritalia e che sindacato vuole essere?
«Manageritalia è un sindacato che cerca di conciliare la tutela necessaria dei suoi iscritti con la capacità di sviluppo e di crescita. È un sindacato non ostile né antagonista rispetto all’azienda, anche perché molto spesso sono proprio i nostri manager che rappresentano le aziende e danno cuore e corpo alle loro iniziative. È un sindacato che ha cercato nel tempo di abbandonare anche alcuni contenuti di tipo contrattuale un po’ superati, come gli scatti di anzianità, e vuole continuare a essere questo. Per farlo dobbiamo continuare a riflettere su ciò che è veramente necessario per tutelare gli interessi dei nostri iscritti e al contempo per fare in modo che esista un futuro fecondo per le aziende in cui lavorano, che il loro ruolo sia valorizzato, che possa accrescere la loro competenza. La nostra missione è dare sostegno non soltanto nei momenti di difficoltà, ma anche e soprattutto quando le cose vanno bene e c’è la possibilità di investire in crescita e competenze».
Lei ha un passato professionale legato all’hi-tech, in che modo porterà innovazione nella Federazione?
«Abbiamo servizi molto ricchi e strutturati che soddisfano le esigenze dei nostri associati, dobbiamo però continuare a investire per migliorarli. Oggi la sfida è il digitale, quindi bisogna digitalizzare tutti i nostri servizi, renderli facilmente accessibili in ogni luogo e in ogni momento colmando anche quel gap che abbiamo in alcuni casi tra chi vive nelle grandi città e chi vive fuori. Facendo questo però non dobbiamo perdere il contatto con il nostro associato, che va reso meno legato all’esecuzione del servizio e più al suo significato. Abbiamo molte opportunità: per esempio nel settore delle assicurazioni, che è in forte trasformazione, il nostro intermediario Assidir può essere protagonista di questi cambiamenti. In generale credo che ciò che sta cambiando nei rapporti tra le persone ci porti ad avere nuovi modelli di avvicinamento e di condivisione dell’esperienza e quindi anche i nostri tradizionali incontri sul territorio possono diventare più mirati sugli interessi specifici dei nostri associati».
Manageritalia negli ultimi anni, adeguandosi al contesto, si è arricchita di novità: XLabor, Prioritalia, l’associazione dedicata agli executive professional… ci sono progetti in vista per questi soggetti?
«Questi soggetti sono di fatto dei progetti. Credo che siano delle frecce nuove che abbiamo inserito nell’arco che ancora devono raggiungere completamente l’obiettivo. Quindi l’idea è quella di raffinarli e di farli crescere in maniera organica maggiormente integrata del nostro corpo di servizi e soprattutto nello spirito della nostra Organizzazione. Non dobbiamo moltiplicare le sigle, dobbiamo rafforzare le maglie che le tengono unite alla nostra Organizzazione e focalizzarle per portare dei risultati concreti. In alcuni casi questi ci sono stati, però abbiamo un potenziale ancora inespresso molto elevato e nei prossimi anni è questo il compito che abbiamo davanti».
Non dimentichiamo che lei è anche presidente Cida da marzo 2019: come vanno le cose nella Confederazione?
«La Confederazione sta partecipando attivamente ai confronti con i tavoli governativi. In Parlamento ha un ruolo di presenza maggiore rispetto al passato, scontando chiaramente la difficoltà che ora ha questo dialogo, essendo tutto virato verso l’emergenza e poco sulla progettualità futura. Credo che l’Italia abbia reagito bene nella prima fase dell’emergenza, ma nel momento in cui si tratta di prendere decisioni di programmazione un po’ più sul medio-lungo termine emerge una limitata capacità dei vertici del nostro Paese. Il nostro messaggio come Cida è: investiamo sul futuro e non preoccupiamoci solo dell’immediato, però mi rendo conto che con l’emergenza negli ospedali e i decessi è difficile passare questo messaggio».
Secondo lei, come si svilupperà l’azienda del futuro? E che ruolo deve avere il manager al suo interno?
«Le aziende del futuro saranno tante, diverse e come sempre convivranno delle formule molto antiche con altre più innovative. Sicuramente si svilupperanno concetti del tipo piattaforma, cioè le aziende, più che singole realtà autosufficienti, diventeranno parte di sistemi sempre più articolati e interrelati tra loro, in cui ciascuno deve trovare un suo ruolo, una filiera, un posizionamento e una sua capacità di raggiungere risultati.
Il manager ha un ruolo fondamentale, perché le aziende del futuro avranno dei cicli di vita probabilmente più accelerati, quindi richiederanno competenze diverse nel tempo. Perciò se la proprietà stabile può essere un buon modo per dare solidità all’azienda, il cambiamento nel lavoro portato da nuovi manager spesso è ciò che serve per riposizionarle. Nell’azienda del futuro probabilmente ci saranno due grandi gruppi di figure professionali: lavoratori molto operativi che interagiranno con le intelligenze artificiali e lavoratori della conoscenza che saranno in larga parte manager, esperti o specialisti. Quindi potremmo addirittura puntare, come molte società evolute, ad avere una suddivisione tra 50% di manager e 50% di altri lavoratori».
Torniamo a oggi: di cosa hanno più bisogno i manager italiani?
«Hanno bisogno di sentirsi uniti in un sistema basato sulla fiducia e hanno bisogno di fiducia nelle loro capacità da parte dei proprietari delle aziende, ma anche del sistema nazionale. Questo non vuol dire fiducia cieca, per cui evidentemente ci sono manager che non hanno buone performance e in questi casi vanno rivelati perché fa parte del meccanismo di generazione di fiducia anche mettere a conoscenza gli insuccessi. A loro volta i manager hanno bisogno anche di avere fiducia in un Paese che ha tanti difetti e difficoltà e che non ragiona in modo manageriale; però io credo che questo legame molto forte tra i nostri manager e la cultura del nostro Paese sia una delle leve di successo per la nostra categoria e vada rafforzato. Per sviluppare la fiducia bisogna allenarla, quindi la vita associativa e la partecipazione a Manageritalia è un’ottima palestra per creare meccanismi di fiducia reciproca».
E le aziende di cosa hanno più bisogno oggi?
«Di manager!».
Cerchiamo di guardare oltre il breve periodo: cosa servirebbe al Paese Italia per riprendere quello slancio che ci meritiamo? Abbiamo tutte le carte in regola, ma non portiamo mai a casa la partita…
«Perché le carte in regola in realtà non le abbiamo mai. Abbiamo un potenziale che di solito non riusciamo a esprimere compiutamente. Serve avere qualche linea da seguire, altrimenti l’operazione è talmente grande che rischiamo di disperderci, rischiamo che ciascuno di noi sia troppo concentrato sul proprio ambito, settore, azienda… Nel programma Next Generation Eu ci sono due grandi temi da seguire: quello della rivoluzione digitale e quello della rivoluzione verde. Dietro queste parole, che spesso sono anche degli slogan, per carità, c’è un’effettiva trasformazione del nostro modo di vivere, del nostro modo di consumare e c’è un’idea di sostenibilità che può trasformare l’economia. Vanno seguiti non soltanto per avere accesso alle risorse comuni europee, ma perché in questo modo le nostre scelte e priorità possono essere maggiormente focalizzate».
Per concludere, riesce a riassumere ciò su cui vuole puntare nel suo mandato in tre parole chiave?
«Tre parole chiave con tre aggettivi. Identità plurale: dobbiamo continuare a includere tutte le persone che fanno parte del mondo manageriale, dandoci un’identità e senza disperderci negli inevitabili dettagli e personalismi. Rinascita territoriale: molti territori hanno bisogno di reinventarsi, come le città che stanno subendo delle trasformazioni indotte dal lavoro a distanza e i territori che sono stati considerati arretrati e che oggi hanno invece la chance di ripartire con modelli di sviluppo più sostenibili. Quindi dobbiamo partire dalla nostra presenza e dal valore che abbiamo nelle sedi territoriali e interpretare in maniera innovativa una rinascita di queste aree. Infine, protagonisti del futuro: dobbiamo avere una visione del futuro e abituarci anche a mettere da parte queste visioni perché non si realizzeranno esattamente come le abbiamo immaginate. Però da protagonisti e non soltanto subendole e adattandoci a un futuro che in larga parte possiamo costruire noi».