Come il digitale può cambiare il mindset delle aziende

Talent Garden Calabiana ha presentato oggi i risultati della ricerca nazionale sullo stato di digitalizzazione delle pmi italiane realizzata dalla sua innovation school, in collaborazione con i ricercatori della seconda edizione del Master in Digital transformation per il Made in Italy e con il supporto di Intesa Sanpaolo, Cisco Italia ed Enel

Quali sono le tecnologie innovative ritenute più efficaci per lo sviluppo strategico del business e su cui le pmi italiane investiranno nei prossimi tre anni? Cloud technology 35%, internet of things 33%, crm 32%, machine learning 28% e blockchain, 27% sono quelle più utilizzate e consolidate, mentre quelle più interessate agli investimenti sono energy storage, blockchain e robotica. Ancora una volta però la digitalizzazione mette al centro le persone, quindi non solo investimenti su tecnologia, ma anche sul capitale umano. Quali invece le figure professionali che accompagneranno la trasformazione digitale? Sul podio delle figure da reclutare, le aziende confermano interesse verso digital marketing specialist 34%, seguita da data analyst 26% e digital officer 23%. È quanto emerge dalla seconda edizione della ricerca nazionale sullo stato di digitalizzazione del Paese, svolta su oltre 500 aziende e realizzata dalla Scuola dell’Innovazione di Talent Garden, Cisco Italia, Enel e Intesa Sanpaolo, con il supporto dei ricercatori del Master in Digital Transformation per il Made in Italy, pensato per formare consulenti in grado di accompagnare le aziende verso il digitale e l’industria 4.0.

I risultati della ricerca
La survey, che ha coinvolto aziende con un fatturato non superiore ai 50 milioni di euro, fotografa una situazione generale di crescente consapevolezza tra le imprese dell’importanza e degli effetti positivi che la digitalizzazione potrebbe apportare al proprio business: il 67% del campione ritiene infatti che l’innovazione impatti principalmente sull’acquisizione di un vantaggio competitivo, il 49% sull’aumento della produttività, il 48% sul miglioramento della qualità percepita dei clienti e il 47% sulla qualità interna del lavoro. D’altra parte, malgrado la maggioranza delle imprese intervistate abbiano interpretato correttamente il significato della digital transformation, ovvero quel processo di evoluzione dell’azienda nel suo insieme che influenza la progettazione dei modelli di business (67%) e lo sviluppo di una strategia digitale (53%), appare evidente che l’effettivo cambiamento organizzativo sia ancora limitato all’ambito della comunicazione e affidato a professionisti appartenenti come abbiamo già detto al marketing (63%) e non a figure specifiche come il digital officer. Un dato che sembra sottolineare quanto sul fronte della formazione del personale ci sia ancora da fare, nonostante il 54% degli intervistati ne riconosca l’alto valore: dai questionari si riscontra infatti che l’ostacolo maggiore all’evoluzione digitale delle organizzazioni, sia la mancanza di competenze digitali (43%).

A investire sulla digital innovation sono soprattutto le giovani pmi
Malgrado le difficoltà, dalla ricerca emerge che la digitalizzazione nelle pmi italiane vive un momento di relativo entusiasmo, con l’86% delle aziende che nel 2017 ha investito una percentuale del proprio fatturato in trasformazione digitale: il 38% del campione ha investito tra l’1% e il 10%, il 18% tra il 10% e il 20%, l’11% tra il 20% e il 30% e solo il 6% tra il 30% e il 40% del proprio fatturato.
In un contesto in cui si percepisce con chiarezza la necessità di aumentare gli investimenti per accelerare il processo di digitalizzazione, dalle interviste si evidenzia un fenomeno significativo. Sono infatti le aziende più giovani, il 53% del campione intervistato, a investire una percentuale più alta del loro fatturato in digital transformation, rispetto al 47% delle pmi presenti sul mercato da più di 25 anni. Dati che confermano la difficoltà delle aziende non native digitali ad adattarsi ai trend delle tecnologie innovative.

«Il divario digitale tra le nostre imprese e quelle europee è ancora notevole – dichiara Alessandro Rimassa, co-founder e ceo di Innovation school». «È evidente – continua – che per avere un vantaggio competitivo nel mercato attuale sia necessario dare una spinta e accelerare il processo di digitalizzazione che coinvolge l’azienda nel suo insieme, puntando a strategie basate sul digitale. È tuttavia interessante il fatto che le pmi, che come noto rappresntano una parte forte del tessuto economico italiano, siano al pari delle grandi corporate nell’aver identificato le tecnologie che possono avere un impatto strategico sul business. Un dato che racconta, forse, anche di una nuova generazione di giovani pmi che pensano a come attrezzarsi per generare una crescita importante nel futuro, e non per mantenere la dimensione e la posizione acquisita. Per fare questo, però, non bastano le tecnologie, occorrono figure preparate in grado di guidare le imprese nel loro percorso di evoluzione anche culturale».

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