Attualità

Trend
Società

L’Artigiano in Fiera: il segreto del successo!

Fino al 9 dicembre in Fiera Milano si può fare il giro del mondo tra oltre cento paesi - presenti con più di 3mila stand - alla più importante rassegna internazionale di eccellenze artigiane: dall’enogastronomia all’abbigliamento, dalla gioielleria all’oggettistica, dall’home living alla cosmesi naturale, sono stati ben oltre 1,6 milioni i visitatori della scorsa edizione e quest’anno promettono anche meglio! Gabriele Alberti, amministratore delegato e direttore generale de L’Artigiano in Fiera ci spiega il segreto del successo di un evento che è diventato un fenomeno.
Print
L’Artigiano in Fiera: il segreto del successo!

L’Artigiano in Fiera compie 23 anni. Come fa a rinnovarsi ogni anno e risultare sempre attraente?
«Questa domanda mi costringe a svelare il segreto di questa fiera! Il segreto è che questo evento è un incontro di persone. In un contesto generale in cui tutto è globale, tutti i prodotti sono uguali e l’offerta nella grande distribuzione è identica ovunque, noi proponiamo artigiani che si espongono in prima persona con il proprio lavoro. Dall’altra parte ci sono i visitatori, che sono alla ricerca del buono e del bello. Quando si crea un incontro, anche con persone che già conosci, è sempre un’esperienza nuova. Ecco perché la fiera è sempre nuova. Poi naturalmente è nuova anche perché gli artigiani si evolvono e cercano, sollecitati spesso anche da noi, di presentare prodotti storici e tradizionali in chiave sempre più contemporanea. Infatti il titolo di quest’anno è “Tradizioni contemporanee”».

Quali le novità di questa edizione?
«Introduciamo nuovi saloni. Quest’anno abbiamo ripensato la Casa, facendola diventare un percorso per il pubblico, che può conoscere chi crea i prodotti, chi li installa, chi si occupa della manutenzione... fino alla sicurezza e alla domotica».

Un’area sempre di successo è quella dedicata all’enogastronomia…
«Sì. Noi per primi, ma moltissimi paesi al mondo hanno una grande tradizione enogastronomica e siccome la nostra fiera rappresenta i territori nella loro complessità non possiamo escludere questo settore, che infatti occupa circa il 30% degli spazi. Questa fiera è un’experience: perché avvenga un’experience occorre che il pubblico incontri un volto, il quale deve essere in un contesto, cioè un territorio. Questo è fatto di colori, prodotti, suoni, odori, sapori. Un viaggio insomma! Un giro del mondo, sintetico ovviamente, ma che si può fare venendo in un unico luogo e passando in pochi minuti da un’immersione territoriale a un’altra».

Che tipo di pubblico viene a L’Artigiano in Fiera?
«La fascia di mercato che andiamo a toccare è veramente globale: questa fiera prende lo spaccato della popolazione in tutta la sua complessità, dai disoccupati, agli studenti fino ai manager. Per cui c’è chi non ha mai viaggiato e chi gira il mondo abitualmente e si ritrova con piacere in alcuni contesti. Quasi il 95% è altamente fidelizzato. Una parte importante dei nostri visitatori viene in fiera da 2 a 5 volte nella stessa edizione. Il ritorno medio complessivo è di 1,5. Arrivano in gran parte dal Nord ovest, quindi Lombardia, Piemonte, Val d’Aosta, ma anche Canton Ticino e una parte della Francia. Poi vengono dal Veneto, da alcune parti di Emilia Romagna e Toscana. E infine dai grandi centri serviti dall’alta velocità quindi Napoli, Roma, Venezia… non conta la distanza, ma la comodità dell’infrastruttura».

Come è cambiato negli anni e come sta cambiando il visitatore/consumatore?
«È cambiato sotto due aspetti principali. Il contenuto: il mercato è diventato più esigente, attento e selettivo. Se sente parole come “originalità”, “autenticità” vuole approfondire. Su questo rispondiamo mettendo in prima linea gli artigiani in persona. L’altro aspetto sono gli strumenti: le tecnologie permettono di verificare in tempo reale con chi e con cosa si ha a che fare, di individuare i prodotti… è cambiato il modo di fruire le fiere e cambierà sempre di più».

L’Artigiano in Fiera è molto più di un fiera… possiamo dire che è una palestra a cui tutti gli operatori dovrebbero guardare?
«I piccoli operatori sicuramente sì, perché sono delle eccellenze nella produzione, ma il loro problema è trasformare questa capacità in una proposta al mercato. Questo necessita di continua contemporaneità per riuscire a trasformare il prodotto che ha una tradizione di decenni, se non di secoli, in qualcosa di moderno che piaccia oggigiorno. Inoltre hanno bisogno di strumenti di marketing avanzato: la fiera non è un "mercatino", quanto più le microimprese si rendono conto che partecipare a un evento del genere significa fare un’operazione di marketing strutturata, tanto più vinceranno la sfida che hanno rispetto al mercato globale».

Lei c’è fin dalla prima edizione, nel 1995. Come è nata l’idea?
«L’idea è nata dal mio presidente Antonio Intiglietta che aveva osservato che in Fiera Milano - siamo a metà anni ‘90 - mancava un evento per le Pmi e le imprese artigiane. Nacque l’idea di un evento dedicato a loro, attento al valore della persona. Man mano la cosa è cresciuta e si è consolidata come “palestra” appunto, per aziende che così possono impattare sul mercato e crescere».

Avete scelto subito un periodo molto importante per Milano: il “ponte di Sant’Ambrogio”...
«Se il tema è la microimpresa, allora va considerato un evento che guarda direttamente al mercato. Il periodo migliore dell’anno è certamente quello prenatalizio, non tanto per i regali, ma perché la testa delle persone che si avvicinano a una festività del genere si apre! Inoltre è il miglior periodo anche per gli operatori, poiché se fosse troppo sotto le feste avrebbero difficoltà con le loro attività. Per Milano il ponte di Sant’Ambrogio e Immacolata dà avvio alla stagione invernale e apre a un periodo di tranquillità: il pubblico pensa un po’ a sé. Tanta gente viene per comprare regali, ma moltissimi vengono per se stessi, per comprarsi qualcosa, cenare, per volersi un po’ bene…»

Cosa significa guidare una macchina come L’Artigiano in fiera?
«È una grande responsabilità, perché significa avere in mano un fenomeno che è diventato patrimonio di così tante persone che bisogna innanzitutto avere la preoccupazione di preservarlo, di consolidarlo e di farlo crescere. Guidare una macchina come questa vuol dire innanzitutto servirla, non possederla, per salvaguardarne il grande valore che ha per tutti».

ALTRI ARTICOLI di Attualità