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Camper sharing, economia condivisa, neomadismo

Conversazione con Dario Femiani, responsabile di Yescapa in Italia
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Camper sharing, economia condivisa, neomadismo

Il camper sharing peer to peer, il noleggio di camper fra privati, è in espansione. Diverse piattaforme permettono di prenotare in tutta Europa migliaia di mezzi con cui viaggiare e dormire spendendo anche solo 20 euro al giorno a persona. Il fenomeno conferma la tendenza di sempre più persone a preferire l’utilizzo condiviso di un bene alla sua proprietà esclusiva, come accade per l’alloggio o per la mobilità.

In Italia i viaggi itineranti hanno generato nell’ultimo anno un fatturato complessivo di circa 3 milioni di euro e coinvolto oltre 8,4 milioni di persone. L’industria dei veicoli ricreazionali produce 15mila veicoli l’anno, il parco circolante totale conta 225mila mezzi immatricolati come autocaravan. Un settore dinamico che, insieme alle innovazioni apportate al turismo, ai trasporti e alla produzione manifatturiera, traina l’economia della condivisione e fa germogliare il fenomeno del neomadismo.

“Dopo la cultura nomade, quella agricola e quella industriale, si ritornerà in modo circolare al neomadismo. Il neomade vive spostandosi, utilizza l’energia del comportamento e non immobilizza alcun bene”. La definizione è del designer giapponese Isao Hosoe, che l’ha utilizzata nel gioco Play 40 sviluppato con il gruppo Loccioni e utilizzato da tecnici e manager come strumento di brainstorming e progettazione.

Parliamo di camper sharing, economia condivisa e neomadismo con Dario Femiani, trentunenne torinese, country manager per l’Italia di Yescapa azienda francese fondata nel 2012, leader in Europa nel camper sharing.

Cos’è il camper sharing, come funziona e a chi è dedicato?

Il camper sharing consiste nella possibilità di prenotare un camper, un van o un furgone camperizzato direttamente da un privato. Abbracciando i principi del consumo collaborativo, come già da tempo accade con gli appartamenti o i passaggi in auto, facilita l’organizzazione di viaggi itineranti. Yescapa funziona come un intermediario di fiducia, che garantisce la sicurezza del noleggio tramite la protezione assicurativa e l’assistenza stradale 24/7. Il giorno della partenza, proprietario e viaggiatore si incontrano per la consegna delle chiavi, l’ispezione del veicolo e la firma del contratto; dopodiché il proprietario riceve il suo compenso e il viaggiatore parte per il viaggio.

Quali sono i vantaggi della formula?

Facilità d’uso, accessibilità, convivialità e risparmio economico: il camper sharing permette ai viaggiatori di trovare un veicolo, ovunque in Europa, a prezzi vantaggiosi e a condizioni flessibili. I proprietari possono ottenere un guadagno nei periodi di inutilizzo e ammortizzare così manutenzione e parte dell’acquisto. Il compenso medio per un proprietario è di circa 490 euro a settimana.

Quali sono le caratteristiche chiave del mercato italiano?

Siamo presenti in Italia nell’aprile 2018. Abbiamo affrontato qualche difficoltà soprattutto a causa del quadro burocratico-normativo e delle consuetudini ma i risultati sono positivi: in un anno abbiamo registrato oltre 10mila utenti e gestito più di 5mila richieste di viaggio, riversando nelle tasche dei proprietari di veicoli oltre 600mila euro. La mentalità degli italiani sembra molto propensa ai principi della condivisione e chi noleggia apprezza questa nuova forma di viaggio. Soddisfiamo il bisogno di costruirsi un’offerta turistica personalizzata, alternativa a quella tradizionale, più diversificata e autentica, oltre che più economica.

Quali sono la storia e la filosofia dell’azienda Yescapa?

Fondata nel 2012, oggi Yescapa è la più grande piattaforma di camper-sharing europea, con una community di 300mila utenti e oltre 6.500 veicoli disponibili. L’impresa nasce dalla constatazione che un camper è un bene di lusso non accessibile per tutti e solo parzialmente sfruttato dai proprietari. Stimiamo che questi mezzi siano utilizzati in media 70 giorni su 365, a fronte di oltre 3mila euro di costi di gestione annuali tra bollo, assicurazione, revisione e manutenzione. Anziché lasciare il proprio camper fermo, con appena sei settimane di condivisione se ne può ammortizzare il costo di mantenimento annuale.

Qualche numero sulle vostre attività?

Dal 2012 in tutti i paesi dove siamo presenti abbiamo confermato più di 50mila prenotazioni, pari a circa 350mila giorni di viaggio, che cumulati corrispondono a oltre 900 anni on the road, riversando ai proprietari più di 16 milioni di euro. I flussi sono in ascesa: attualmente sono più di 4mila le prenotazioni confermate ogni mese. Ogni giorno, in Europa, più di cento camper si mettono in viaggio grazie a Yescapa.

Quali sono gli scenari del settore per il futuro?

All’inizio in pochi credevano che lo sharing potesse affermarsi anche nel settore dei camper. “Sono veicoli troppo delicati” - “Sono geloso del mio camper” - “E se me lo rompono?”. Grazie all’affidabilità del servizio stiamo convincendo anche i più scettici. A 7 anni dalla prima prenotazione abbiamo contribuito a rilanciare il settore dei veicoli ricreazionali e innovare l’intero comparto turistico. Abbiamo l’ambizione di diventare il punto di riferimento in Europa per i viaggi itineranti. Ci stiamo consolidando in diversi Paesi, da poco il servizio è attivo anche in Belgio, Irlanda, Austria e Svizzera. Abbiamo avviato partnership con concessionari e allestitori, affinché il camper sharing diventi anche una formula di auto-finanziamento per incentivare l’acquisto del nuovo. Stiamo inoltre collaborando con operatori locali ed enti del turismo per sviluppare l’incoming del turismo itinerante.

Come credi che lo sharing inciderà sull’evoluzione dell’economia?

“È una delle dieci idee che cambieranno il mondo”: così il Time definiva la sharing economy qualche anno fa. In poco tempo l’economia della condivisione si è trasformata da fenomeno di nicchia, oggetto di profezie, a una realtà rilevante che trasforma non solo i modelli economici, ma anche quelli culturali e sociali. Il suo elemento di forza deriva dalla disintermediazione, cioè permettere a singole persone di offrire direttamente sul mercato beni e servizi la cui erogazione, fino al recente passato, è stata monopolio esclusivo di soggetti professionali. Questo, in contrapposizione con il sistema capitalista basato sulla proprietà privata, orienta il mercato verso modelli di consumo alternativi, basatati sull’accesso condiviso alle risorse e dove la nuova moneta di scambio diventa la fiducia. In questo nuovo scenario le relazioni economiche, nonché sociali, si consolidano attraverso meccanismi reputazionali, tramite recensioni e feedback sulle comunità virtuali. La sharing economy sta inoltre creando posizioni lavorative più mobili e flessibili. Oltre alla condivisione di beni, infatti, si delinea un mondo nel quale ad essere condivisi sono anche i servizi, con un approccio on-demand che si impone in molti ambiti, anche in strutture organizzative e per professionalità complesse.

Quali sono i possibili rischi, dal tuo punto di vista?

L’innegabile cambiamento nelle abitudini di consumo che stiamo vivendo, rispetto al tradizionale panorama d’impresa, si basa su un ecosistema di piattaforme p2p che rimane ancora troppo selettivo e troppo poco regolamentato. In assenza di un sistema capace di disciplinare le attività di scambio tra privati, gli attori dei settori tradizionali, che si sentono toccati da queste novità, accusano le imprese della sharing economy di operare illegalmente. Le dispute tra rappresentanti della nuova economia della condivisione e le associazioni di categoria sono cronaca quotidiana: dalle proteste dei tassisti contro Uber a quelle degli albergatori contro Airbnb.

Ci sono rimedi per arginare questo scontro?

Urge senz’altro una riforma dal punto di vista legislativo, per legittimare l’operato delle piattaforme. Come spesso avviene, però, saranno le forze del mercato, nonché i consumatori stessi, a sancire il punto di equilibrio tra settori tradizionali e sharing economy. Di certo i confini tra produttori e consumatori, una volta molto netti, oggi si confondono sempre più e con esso anche i modelli di impresa, l’organizzazione del lavoro e le relazioni sociali ed economiche tra domanda e offerta.

L’impegno con Yescapa è la tappa attuale di un percorso di vita neomade: qual è la tua storia?

Il mio percorso è alimentato da un continuo desiderio di scoperta e una voglia irrefrenabile al cambiamento: una combinazione di fattori che trovano il loro connubio perfetto nel viaggio. È stato proprio il viaggio a dettare le tappe della mia formazione, sia umana che professionale: uno student exchange program in Brasile, un’esperienza professionale a Shanghai nell’export, un WHV in Australia e numerosi altri viaggi. Non avrei trovato la strada attuale se non avessi avuto il coraggio di perdermi...

Durante gli studi in Brasile si è accesa una grande passione per i viaggi zaino in spalla alla scoperta del Sud America, dove ho iniziato a credere fortemente che fossero le esperienze e gli incontri ad arricchire veramente la vita. La Cina è stata una sfida professionale molto interessante che mi ha permesso di confrontarmi professionalmente in un ambiente completamente internazionale. Il desiderio di viaggiare è sempre rimasto ed è evoluto con i road trip in Australia. Tra un lavoro e l’altro ha avuto inizio un periodo di grande ispirazione grazie a viaggi condivisi, con persone provenienti da ogni angolo del mondo. L’idea di reinventarsi una professione diversa ogni volta è stata stimolo di apprendimento di competenze diverse, dalla fotografia alla grafica passando per una miriade di lavori manuali e diversi furgoni camperizzati.

Durante il percorso ho incrociato persone che mi hanno ispirato e hanno contribuito alla mia crescita. Persone di nazionalità diversa che hanno reso il mio essere molto più cosmopolita. Persone impegnate nei lavori più svariati, come i digital nomads, che mi hanno aperto gli occhi sulle possibilità professionali senza dover per forza appartenere ad un luogo fisso.

Pur non conoscendo il concetto codificato di sharing economy, la condivisione è diventata da sé un valore imprescindibile per me: condividevo viaggi, stanze, posti in auto. Rientrato in Europa è stata una sorpresa sentire la gente dire “facciamo Airbnb”, “prendiamo un Blablacar”. Così ho iniziato a partecipare a numerose conferenze sulla sharing economy, sia in Italia che all’estero, e a crearmi un network di conoscenze.

Pensavo di sviluppare una piattaforma dove far incontrare i viaggiatori su quattro ruote, una sorta di carpooling per i viaggi on the road. Poi ho conosciuto Yescapa e sono rimasto affascinato dal progetto, che condivideva gli stessi valori e obiettivi. La proposta di affidarmi la guida del mercato italiano è stata una di quelle opportunità che si fa fatica a rifiutare.

Yescapa per me è una grande famiglia multiculturale, con più di dieci nazionalità differenti, tutti accomunati dalla grande passione per i viaggi. Un’incredibile fucina di idee con un grande spirito di collaborazione. È anche grazie a loro se sono già due anni e mezzo che sono “fermo” a Bordeaux.

Quali sono le prossime tappe che vorresti raggiungere, di viaggio e professionali?

Dal punto di vista professionale, nonché personale, la prossima tappa passa dall’evoluzione della mia attuale posizione lavorativa verso una maggiore autonomia geografica, continuando a fare ciò che già faccio ma in remoto. A tal proposito, mi sto dedicando a un progetto personale che mi appassiona tantissimo: camperizzare un furgone rendendolo totalmente abitabile.

Può sembrare strano per alcuni, ma viviamo in un’epoca dove i cambiamenti correlati alla globalizzazione e alle nuove tecnologie hanno ridotto le distanze e abbattuto le barriere comunicative. Questa evoluzione offre, come mai prima d’ora, l’opportunità di adottare uno stile di vita più nomade. Alcuni chiamano questo fenomeno neomadismo, altri l’hanno catalogato addirittura come una “malattia” definendola la Sindrome di Wanderlust, altri ancora, più semplicemente, la voglia di viaggiare. Qual si modo la si voglia chiamare, si tratta di una filosofia di vita condivisa da milioni di persone di tutto il mondo.

Questa tendenza si manifesta spesso con il desiderio di possedere una casa mobile, che sia un furgone camperizzato o un camper, per utilizzarlo per viaggiare ogni volta che si vuole o addirittura per viverci. Stiamo parlando della vanlife, un movimento che erroneamente viene ancora confuso ed etichettato come uno stile di vita trasandato, da hippy oppure outsider della società. La realtà invece è tutt’altra. Si tratta di uno stile di vita alternativo che non pone radici in nessun territorio specifico, e che allo stesso tempo si può combinare con una professione stabile, a patto che non richieda necessariamente la propria presenza nel luogo di lavoro.

Chi adotta questo stile di vita sono soprattutto i digital nomads, spesso freelancers, ma anche e sempre di più imprenditori, manager, dipendenti di aziende innovative, che lavorando in remoto godono della libertà di poter vivere e lavorare ovunque, con il risultato di essere più felici.

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